“Poesie” – Georg Trakl

Georg Trakl – “Poesie” – Scelta, traduzione, premessa e note di Ervino Pocar – Rizzoli – 1974

La poesia di Trakl è una fondazione del mondo; egli è uno di quei poeti che, come Hölderlin, sono chiamati a fondare una verità o a svelarne l’assenza, a rendere abitabile la terra o a mostrarne l’inabitabilità. Leggere Trakl significa interrogarsi sulle cose ultime, sulla possibilità stessa della poesia, sul senso estremo della vita. Le interpretazioni di Trakl sono dei confronti con l’essenza del nostro destino.” (Claudio Magris – “Prefazione” in “Trakl. Le poesie” – 2004 – Garzanti)

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“Poesie” – Ingeborg Bachmann

Ingeborg Bachmann – “Poesie” – Traduzione e Introduzione di Maria Teresa Mandalari – Guanda – 1978

In “Anselm”, il recente e bellissimo film di Wim Wenders su Anselm Kiefer, appare, nella parte finale del film, Ingeborg Bachmann che legge “Exil”/”Esilio”, una delle sue più belle poesie. Ciò mi ha indotto a rileggere “Esilio” e insieme ad essa le altre poesie della Bachmann contenute in questa raccolta, la quale comprende trenta poesie di Ingeborg Bachmann di cui quindici tratte dalla sua prima raccolta “Il tempo dilazionato” del 1953, undici dalla sua seconda raccolta “Invocazione all’ Orsa Maggiore” del 1956 e quattro “Poesie sparse” tra cui “Esilio”.

Di tale raccolta propongo, qui di seguito, una selezione, preceduta da una libera riduzione dell’ “Introduzione” di Maria Teresa Mandalari.

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“Sulla terra e all’inferno” – Thomas Bernhard

Thomas Bernhard – “Sulla terra e all’inferno” – Traduzione di Stefano Apostolo e Samir Thabet – Postfazione di Franz Haas – Crocetti Editore – 2020

Thomas Bernhard aveva solo 26 anni, quando nell’autunno del 1957 pubblicò la sua prima raccolta lirica, Auf der Erde un in der Hölle (Sulla terra e all’inferno). Questo autore oggi universalmente noto…esordì sulla scena letteraria come poeta. Pochi mesi più tardi, tra marzo e aprile 1958, seguirono altre due raccolte liriche, Unter dem Eisen des Mondes (Sotto il ferro della luna) e In hora mortis. Il successo però si fece aspettare…La vera fama arrivò soltanto qualche anno più tardi, nel 1963, con la pubblicazione di Frost (Gelo), romanzo che segnò una svolta decisiva non solo nella sua carriera, ma anche nella letteratura di lingua tedesca.

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“Dalle nove alle nove” – Leo Perutz

Per tutta la vita non mi sono liberato dalla Praga della mia giovinezza. Ho inseguito sempre il fantasma del ghetto praghese cercandolo dappertutto.”

Queste parole furono pronunciate da Leo Perutz poco prima di morire e Marino Freschi nel riportarle nella sua postfazione ad uno dei più famosi romanzi di Perutz : “Di notte sotto il ponte di pietra”, si sofferma sul rapporto che Perutz ebbe con Praga sottolineando “… il magnetismo esercitato da Praga che l’autore pur abbandonò da adolescente, ma che lo continuò ad attrarre per tutta la vita con misteriosa energia.” (1) Questo dato biografico ma, soprattutto, esistenziale è importante per comprendere non solo l’opera di Perutz nel suo insieme ma anche “Dalle nove alle nove” che, uscito nel 1918, costituì il primo grande successo editoriale di Perutz.

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“In cerca di frasi vere” – Ingeborg Bachmann

Ingeborg Bachmann – “In cerca di frasi vere” – Colloqui e interviste a cura di Christine Koschel e Inge von Weidenbaum – Introduzione di Giorgio Agamben – Traduzione di Cinzia Romani – Laterza – 1989

Riservata, scontrosa, per alcuni addirittura inavvicinabile, Ingeborg Bachmann, uno dei massimi esponenti della letteratura del nostro tempo, è stata sempre poco propensa a raccontare se stessa e a svelare i meccanismi occulti del suo lavoro. Nella trenta interviste raccolte in questo volume e che vanno dal 1953 al 1973 (l’anno della sua morte), l’autrice va alla ricerca delle frasi vere, quelle che sanno cogliere il senso profondo della vita, e che più di frequente sono presenti nella poesia, nella letteratura” (Dalla quarta di copertina)

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“Camminare” – Thomas Bernhard

Bernhard – nel porre in modo esclusivo il camminare come titolo di questa che è l’ultima delle sue prose brevi ad essere stata tradotta la cui uscita, presso Adelphi, avvenuta l’anno scorso, colma una lacuna protrattasi a lungo, risalendo la pubblicazione originale, avente per titolo Gehen, al 1971 – esplicita da subito quella che è l’azione chiave che vi si svolge che è appunto quella del camminare nella quale i due protagonisti: l’anonimo io narrante e il personaggio di Oehler – di cui l’io narrante, secondo il consueto schema bernhardiano, riporta le affermazioni e i pensieri – saranno intenti dall’inizio alla fine del racconto.

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“La mansarda” – Marlen Hausofer

Nella lettura de “La mansarda” si ha da subito la sensazione che il senso e il sentire effettivo siano schermati e mascherati da quella sommessa pacatezza, distesa e distaccata, con cui la protagonista io narrante scrive e racconta. Come se quella pacatezza servisse a difendersi e a proteggersi da qualcosa da cui è necessario mantenere le distanze, come se dietro quella pacatezza vi fosse una barriera emotiva, da lei stessa creata dentro di sé, che la rende apparentemente partecipe di ciò che la circonda ma in realtà inesorabilmente e solitariamente lontana. Quella pacatezza è il modo per attutire, sopire, allontanare tutto ciò che può richiamare e far rivivere “quell’evento” così come lei lo nomina, perché né lei né chi le sta intorno lo vuole, né se lo può permettere, significherebbe ferire e ferirsi, “Mentre io non intendo ferire nessuno. Sono comunque sempre troppe le persone che si feriscono” dice la protagonista.

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“Gelo” – Thomas Bernhard

Monumentale e al tempo stesso monumento della letteratura. Bisognerebbe leggerlo più volte per cogliere a pieno la sterminata vastità e profondità di visioni, folgorazioni, previsioni, apparizioni, coazioni, allucinazioni, insinuazioni, deliri ed espressioni dello spirito e della mente che vi sono contenute. Lucida follia o follia della lucidità assoluta? Con “Gelo” le porte, sull’orrore e sugli orrori che si annidano nella condizione umana, si sono spalancate irreversibilmente. Un capolavoro anche di scrittura. Da leggere assolutamente.

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“Amras” – Thomas Bernhard

“…tutt’a un tratto la nostra esistenza non poteva contare su null’altro che sui nostri caratteri terribili, feriti da sempre, sospettosi e poco tenaci, in una tenebra che congiurava sempre più contro di noi, perturbando persino le nostre capacità di camminare, di sederci, di coricarci o stare in piedi, e – com’è naturale – la nostra capacità di pensare e di esprimerci, e quella di ragionare in generale, nella tenebra di quella torre…” Continua a leggere