Ingeborg Bachmann – “In cerca di frasi vere” – Colloqui e interviste a cura di Christine Koschel e Inge von Weidenbaum – Introduzione di Giorgio Agamben – Traduzione di Cinzia Romani – Laterza – 1989
“Riservata, scontrosa, per alcuni addirittura inavvicinabile, Ingeborg Bachmann, uno dei massimi esponenti della letteratura del nostro tempo, è stata sempre poco propensa a raccontare se stessa e a svelare i meccanismi occulti del suo lavoro. Nella trenta interviste raccolte in questo volume e che vanno dal 1953 al 1973 (l’anno della sua morte), l’autrice va alla ricerca delle frasi vere, quelle che sanno cogliere il senso profondo della vita, e che più di frequente sono presenti nella poesia, nella letteratura” (Dalla quarta di copertina)
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“…la modernità di una poesia è altro dalla sua presenza, ed io credo che le più belle poesie del passato, o comunque le poesie dei tempi antichi abbiano questa presenza…”
“…credo che vecchie immagini, come quelle usate da Mörike o da Goethe, non si possano più utilizzare, che non si debbano più utilizzare, perché in bocca a noi potrebbero suonare false. Dobbiamo trovare frasi vere, che corrispondono alla condizione della nostra coscienza e a questo mondo, che è cambiato.”
“…le parole sono quello che sono, vanno già bene così, ma il modo in cui noi le mettiamo e le usiamo, raramente va bene. E quando va male, esse ci uccideranno.”
“…Scrivere una poesia non è aspettare la chiamata. Questa stessa parola è già, ancora una volta, una poeticizzazione del lavoro poetico. Scrivere una poesia è piuttosto un’attività complessa, va dal provare una frase all’aspettare un’idea.”
“…Abbracciare l’universo, non mi sento capace di farlo; io scrivo, perciò ho bisogno di carta, penna, di una macchina da scrivere, di una testa che ha dormito abbastanza, e il resto è lavoro.”
“…Scrivere è mettere ordine, e le componenti che mettono ordine derivano da un processo in cui il rapporto soggetto – oggetto, il rapporto individuo- società è scosso di continuo.”
“…nel racconto “Tutto”… il personaggio principale per una volta si comporta un po’ diversamente da come ci si poteva aspettare…vorrei accordargli questo diritto, di pensare cioè in modo consequenziale, ma di non agire in modo consequenziale…credo di avere imparato che non si possono definire i personaggi fino in fondo, così come non è consentito emettere giudizi definitivi su persone viventi. Bisogna lasciare loro libertà d’azione.”
“…ogni nuovo lavoro richiede considerazioni diverse. Quelle già sperimentate non valgono mai per il nuovo, che comincia in modo inconsapevole e presago.”
“…sogno un po’ di pace e perciò cerco scampo nell’anonimato.”
“…può succedere che si ricavi più gioia da un lettore inesperto che da uno di routine, smaliziato, perché a quello inesperto si possono ancora aprire gli occhi.”
“…dove non c’è più niente da migliorare, niente di nuovo da vedere né pensare, nulla più da correggere, nulla più da scoprire e da progettare, il mondo è morto.”
“…parlando si resta un po’ dietro lo scritto e si brancola qua e là, in modo goffo, negli stessi dintorni nei quali scrivendo ci si era trovati a proprio agio.”
“…ognuno deve vedersela da solo, trovare per se stesso una soluzione che possa giustificare il suo lavoro, e giustificarlo innanzitutto di fronte a se stesso….una volta la si chiamava onestà intellettuale.”
“…i pochi passi di letteratura che mi hanno sempre suscitato un’emozione per me sono la vita.”
Intervistatore: “Nel suo romanzo “Malina” lei scrive: “Ma la notte e da soli nascono i monologhi erratici che rimangono, perché l’uomo è un essere oscuro, è padrone di sé solo nelle tenebre e di giorno ritorna alla schiavitù.” Bachmann: “…l’uomo, che durante il giorno fa questo e quello, nella notte rientra in sé e pensa veramente. Se siamo veri, lo siamo di notte, appena stiamo completamente soli.”
“Si, l’amore porta alla più profonda solitudine. Se è una condizione estatica, allora non si è più in condizione di potersi muovere nel mondo. Non si vede più il mondo con gli occhi degli altri”
Intervistatore: “Nel “Trentesimo anno” lei scrive: << …e che tutti temono la morte che è l’unica salvezza possibile contro quell’atroce offesa che è la vita>>. Oggi, dieci anni dopo, scriverebbe ancora una frase del genere?” Bachmann: “Non la smentirei, perché la vita è una mostruosa offesa. Ora che lei me la legge, mi sembra sempre giusta. Vale per ognuno, che lo riconosca o no.”
Intervistatore: “Lei è credente?” Bachmann: “In che cosa? Perché? Non ci ho ancora riflettuto. Forse deve farlo un filosofo, uno scrittore non può parlarne. Bisogna descrivere e raccontare…Ci sono domande che mi proibisco.”
“Per poter scrivere una vera poesia, non c’è bisogno di avere anni di esperienza, capacità di osservazione. E’ una condizione molto pura, in cui ha solo il linguaggio un ruolo. La comparsa delle parole è l’avvio per le poesie”
“Non c’è l’Austria come paese, non c’è mai stato. E ciò che oggi chiamiamo così porta quel nome perché in qualche trattato è stato deciso così.”
“Con gli autori tedeschi, di cui ho rispetto, non trovo alcun rapporto. Naturalmente l’ho invece trovato con Musil e Kafka, Weininger, Freud, Wittgenstein e tanti altri”
“…uno scrittore non può servirsi del linguaggio che è stato già trovato, cioè delle frasi, ma scrivendo, deve distruggerle, e il linguaggio che parliamo noi e che parlano quasi tutti è un linguaggio fatto di frasi”
Intervistatore: “Ne consegue che il momento estatico o la condizione estatica non si lasciano inserire nell’assetto ordinato di questo mondo”
Bachmann: “Si, e perciò il mondo la distrugge”
“…tutto ciò che oggi hanno da dirci la sociologia, la psichiatria e le altre discipline potrà essere molto interessante….Ma per uno scrittore resta ancora qualcosa di totalmente diverso da fare…i linguaggi della scienza non possono raggiungere certi fenomeni, e neanche esprimerli”
“…gli scrittori dovranno veramente abdicare quando avranno in bocca solo frasi che hanno anche gli altri…l’espressione è qualcosa di diverso dall’esternare opinioni” [e] “io provo a farlo proprio cercando di non farmi corrompere dall’attualità, ma di corrompere l’attualità.”
“Il ridicolo, nelle persone, per me è una cosa che fa parte solo della facciata….Solo dietro la facciata nessuno è ridicolo”
“Le grandi emozioni dell’Io non nascono mai da azioni esteriori, ma da confronti con se stessi”
“L’unico significato delle news, probabilmente, è che esse devono sparire, come la spazzatura nella tromba dello scarico”
“…Ha qualche dubbio sul fatto che in questo mondo che si ritiene civile, tra uomini che apparentemente si comportano bene, regni in segreto un permanente stato di guerra? Che gli uomini si ammazzino a vicenda, lentamente?”
Intervistatore: “…come arriva lei a fare la sua esperienza di scrittrice?” Bachmann: “Senza volerlo, con le osservazioni, con i rapporti umani, tramite se stessi.”
Intervistatore: “ Le cinque donne che lei descrive in “Tre sentieri per il lago” sono riflessi del suo Io? Alter-ego del suo mondo sentimentale e ipersensibile?“ Bachmann: “No. Quando invento un personaggio faccio delle ricerche; solo il punto di partenza è personale – spesso è solo un nome, un’associazione – e poi continuo a inventare. Da dove viene, da quale famiglia, e devo sempre saperlo con esattezza. Questo processo non nasce dalla realtà, ma dall’immaginazione. Sono io stessa a interrogare questi personaggi.”
“…Comprensione non ce n’è. L’apertura non è altro che un equivoco assoluto. Nella sostanza, ognuno è solo con i suoi pensieri e i suoi sentimenti intraducibili.”
“Mi ha fatto una grande impressione Perturbamento di Thomas Bernhard, e due o tre dei suoi racconti, che stranamente non vengono mai menzionati. E accanto a questi racconti, che ammiro, gli ultimi due libri di Peter Handke Breve lettera del lungo addio, Infelicità senza desideri”
“… si dice, causa di morte: infarto; ma che cosa è successo in realtà, perché qualcuno ha avuto un infarto?”
“…anche nella capitolazione c’è ancora speranza, e la speranza dell’uomo non cessa, non cesserà mai.”
E pensare che nemmeno conoscevo questa scrittrice. Leggendo le sue frasi mi è molta piaciuta quella che fa riferimento all’onestà intellettuale. La sua scontrosità mi par di capire che derivi dal fatto che lei non ama la superficialità e l’omologazione.
Un saluto
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Mi fa piacere che tu abbia potuto conoscere Ingeborg Bachmann. Una delle più grandi poetesse e scrittrici del ‘900 di cui, se vorrai, potrai trovare qui, nel mio blog, altri suoi libri da me letti e commentati. Sicuramente il suo rigore e la sua “onestà intellettuale” la rendevano scontrosa ma solo con chi le appariva superficiale e conformista. In realtà è stata una donna e una scrittrice molto sensibile e profonda.
Un saluto.
Raffaele
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Grazie dei chiarimenti e dei suggerimenti, appena posso approfondisco un po’, anche attraverso il tuo blog.
Un saluto
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