“Tracce nella neve” – Gregor von Rezzori

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“Così ogni cosa era vagamente ambigua, nulla era veramente ciò che era, tutto era illuminato da una luce incerta. La nostra esistenza aveva sotto ogni riguardo qualcosa di irreale, e se questa irrealtà conteneva anche un barlume di straordinaria poesia, lo dovevamo proprio alla follia della nostra situazione e dei nostri genitori – e noi questo lo sapevamo. Poiché folli lo erano entrambi, seppure ciascuno a modo suo, ciascuno con la propria ostinazione le cui origini andavano ricercate nella rispettiva posizione in un mondo finito fuori dai propri cardini. Le loro ossessioni – il folle e angoscioso senso del dovere di nostra madre, la fuga rabbiosa di nostro padre nella caccia – erano i loro modi particolari di porsi rispetto a una situazione che non corrispondeva né alla loro educazione, né alle loro idee e aspettative, né alla loro indole. In modo più evidente che in qualsiasi altro luogo noi in Bucovina vivevamo come sopravvissuti di quella grande lotta di classe europea che sono state in realtà le due guerre mondiali. La nostra infanzia trascorse tra persone socialmente “spostate” dalla loro posizione originaria in un mondo storicamente “spostato” e in mezzo a inquietudini di ogni genere; e dove l’inquietudine conduce al dolore e il dolore al lamento muto, là fiorisce la poesia.”.  Continua a leggere

“Lolita” – Vladimir Nabokov

Lolita è un nome ormai entrato nel linguaggio comune come sinonimo di ragazzina sessualmente precoce e provocante, disinibita e maliziosa. Ma da neologismo usato per indicare un fenomeno di costume e un modello sociale Lolita è divenuto progressivamente un nome di richiamo adoperato nel “marketing” della nostra contemporaneità per gli usi più svariati finendo così per allontanarsi dalla sua matrice originaria da quello, cioè, che lo ha ispirato e reso così potentemente evocativo, imponendolo nel nostro immaginario collettivo. Perché il merito della fama del nome Lolita e del suo essere divenuto un moderno simbolo di un modo di essere risiede tutto in quel grande romanzo che è stato ed è “Lolita” di Vladimir Nabokov. Continua a leggere

“L’investitore americano” – Jan Peter Bremer

“L’investitore americano” è un libro accattivante e originale che, nel suo minimalismo, racconta una storia in sé piccola che però si apre su un universo interiore tale da trasformarla in un affresco esistenziale ben più ampio della storia da cui prende spunto. Un affresco della vita del protagonista che diventa via via un’elucubrazione labirintica della sua mente, fatta di innumerevoli pensieri che si aprono su possibili vie d’uscita ma tutte invariabilmente senza sbocchi. Continua a leggere

“La lingua salvata” – Elias Canetti

“La lingua salvata” (L.l.s.), il cui sottotitolo è “Storia di una giovinezza” è il primo dei tre testi autobiografici scritti da Elias Canetti e copre il periodo che va dalla sua nascita: 1905 alla sua adolescenza:1921. A “L.l.s.” seguiranno: “Il frutto del fuoco – Storia di una vita (1921 – 1931)” e “Il gioco degli occhi – Storia di una vita (1931 – 1937)”. Questa così vasta produzione autobiografica dice da sola della ricchezza e dell’ampiezza della vita di Canetti, segnata, sin dall’inizio, da una tale varietà e multiformità di esperienze e di acquisizioni da renderla un vero e proprio “viaggio” degno di essere raccontato. Continua a leggere

“Gli amori di mia madre” – Peter Schneider

“Gli amori di mia madre” è, prima di tutto, un romanzo su una grande passione amorosa, sul sentimento dell’amore, sul bisogno di essere amati. Ne è protagonista la madre di Peter Schneider il quale, a più di 60 anni dalla morte della madre, decide di raccontarne le vicende sentimentali che ella visse nel pieno degli anni della guerra e di cui lasciò testimonianza nel fitto epistolario che intrattenne con gli uomini di cui si innamorò, sebbene sposata e madre di quattro figli. Continua a leggere

“Le botteghe color cannella” – Bruno Schulz

“Le botteghe color cannella” è un libro incontenibile, inafferrabile, indescrivibile, perché sfugge a qualsiasi possibile delimitazione, impossessamento, definizione. E’ un libro “mondo”, un libro infinito, dove ogni pagina, ogni frase, ogni parola si muta e si distacca da se stessa, si solleva e vola, si libra e si avvolge e apre universi caleidoscopici di immagini e di visioni che stordiscono e affascinano, che incantano ed emozionano. Continua a leggere

“La passeggiata da Rostock a Siracusa” – Friedrich Christian Delius

“A metà della sua vita, nell’estate del 1981, il cameriere Paul Gompitz (P.G.) di Rostock decide di partire per Siracusa, nell’isola di Sicilia…con l’intenzione sempre che l’impresa riesca, di ritornare in ogni caso a Rostock.” Egli vuole fare quel viaggio, da Rostock a Siracusa, attraverso l’Italia, fatto da Johann Seume, scrittore suo conterraneo che ne riportò il resoconto in quel suo libro “Passeggiata fino a Siracusa nell’anno 1802” che P.G. “ha letto ai tempi di scuola e non lo ha mai dimenticato.” Continua a leggere

“Giro di vite” – Henry James

Italo Calvino conclude la raccolta “Racconti fantastici dell’Ottocento”, da lui curata, con un racconto di Henry James e, nel farlo, motiva tale scelta definendo James “autore che appartiene al secolo XIX per la cronologia ma al nostro secolo come gusto letterario”, intendendosi ovviamente con “nostro secolo” il ‘900. Continua a leggere

“Treni strettamente sorvegliati” – Bohumil Hrabal

Milan Kundera nel suo “L’arte del romanzo” così definisce il comico: “COMICO. Offrendoci la bella illusione della grandezza umana, il tragico ci consola. Il comico è più crudele: ci rivela brutalmente l’insignificanza di tutte le cose. Suppongo che tutte le cose umane contengano il loro aspetto comico…. I veri geni del comico non sono coloro che ci fanno ridere di più, ma coloro che svelano una zona sconosciuta del comico. La Storia è sempre stata considerata come un territorio rigorosamente serio. Ebbene, esiste il comico sconosciuto della Storia. Così come esiste il comico (difficile da accettare) della sessualità”. Continua a leggere

“Come mio fratello” – Uwe Timm

“Essere sollevato in aria…la prima immagine che mi si è impressa nella mente – con la quale comincia per me la consapevolezza di me stesso, la memoria: dal giardino entro in cucina dove ci sono gli adulti, mia madre, mio padre, mia sorella…e poi sbuca fuori lui, il fratello, e mi solleva in alto.” Quel ricordo di sé – quell’immagine fondativa della sua memoria – è, per Uwe Timm, intimamente connesso al ricordo del fratello che ha in quel momento 19 anni, 16 anni più di lui. Pochi mesi dopo il fratello, ferito gravemente in Ucraina, dove si trova con la divisione scelta Totenkapf delle Waffen-SS, nelle quali si era arruolato volontario a 18 anni, morirà. E’ il 16 Ottobre 1943. Continua a leggere