Robert Walser – “Poesie” Con le illustrazioni di Karl Walser – Traduzione e Postfazione di Antonio Rossi – Edizioni Casagrande, Bellinzona – 2019
“L’esercizio della poesia si colloca cronologicamente agli inizi dell’attività letteraria di Robert Walser, che, giovane impiegato di commercio a Zurigo, compose negli anni 1897-1898 parecchie liriche. Sei di queste apparvero l’8 maggio 1898 sul quotidiano bernese “Der Bund”…Altre furono ospitate tra il 1899 e il 1907 su giornali e periodici svizzero-tedeschi, tedeschi e austriaci, fra i quali la rivista di Monaco “Die Insel”, con i cui redattori…Walser era entrato in contatto, probabilmente tramite il viennese Franz Blei. Era uscito nel frattempo il suo primo libro,“ I temi di Fritz Kocher” (1904), cui seguirono i romanzi “I fratelli Tanner”(1907) e “L’assistente” (1908). Fu a questo punto che l’autore decise di riunire in volume una parte delle poesie sin lì composte. Uscì così all’inizio del 1909 presso l’editore berlinese Bruno Cassirer una raccolta di quaranta liriche, per lo più risalenti al periodo zurighese, i testi erano accompagnati da sedici acqueforti del fratello Karl…Quella del 1909 è l’unica raccolta di poetica a stampa voluta da Walser, che pure era andato componendo, soprattutto tra gli anni Venti e Trenta, numerose nuove liriche (l’edizione più recente delle poesie,…ne comprende poco meno di trecentocinquanta, cui vanno aggiunti i componimenti inclusi nei “Mikrogramme”…); ad essa l’autore rimase fedele anche a distanza di anni, quasi a voler ribadire la propria adesione a temi e immagini che con frequenza tornano nelle sue opere. Da ciò il particolare interesse collegato alla silloge, che nel presente volume viene proposta in traduzione”
(Libera riduzione da la “Postfazione”di Antonio Rossi)
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In ufficio
La luna guarda verso di noi,
vede me povero commesso
languire sotto lo sguardo severo
del mio principale.
Mi gratto confuso il collo.
Nella mia vita ancora non ho conosciuto
un sole durevole.
La mancanza è la mia sorte:
doversi grattare il collo
sotto lo sguardo del principale.
La luna è la ferita della notte,
gocce di sangue sono le stelle.
Se anche rimango lontano dalla felicità
per questo la mia indole è modesta.
La luna è la ferita della notte.
*
Sole invernale
Su pareti e su muri
(non durerà a lungo)
arde la luce dorata del sole.
Il giorno ha disperso
le tenebre e le nebbie
che avvolgevano i campi.
Rumori rassicuranti,
allargarsi di petto, mani calde,
beata luce del sole.
Ora ho perfino dimenticato
il dolore e l’oppressione
che a lungo mi avevano posseduto.
*
Mondo
Ridono e nascono
nel va e vieni del mondo
tanti mondi profondi
che nuovamente vagano
e fuggendo, attraverso gli altri,
sembrano ogni volta più belli.
Si concedono nel passare,
s’ingrandiscono nel fuggire,
svanire è la loro vita.
Non sono più preoccupato
perché posso, integro, attraversare
il mondo come mondo.
*
Luce
I giorni grigi dove il sole
si comporta come una pallida
suora sono ormai finiti.
Una giornata blu sta là sopra blu,
un mondo intero si è aperto,
sole e stelle vi brillano.
Tutto è accaduto in silenzio,
senza rumore, frutto di una volontà
aliena da ogni cerimonia.
Sorridente il miracolo si schiude,
non servono per questo razzi
o micce, solo una notte chiara.
*
Cullarsi
Non voglio fare nient’altro
se non vegliare ancora un po’,
è così bello rimanere soli
ancora desti e vivi.
Posso già stare coricato a metà
e fino al sonno già cullarmi
nel sogno.
*
Idillio
Qui tutto è silenzio, qui mi sento bene,
i pascoli sono freschi e puri
e le chiazze d’ombra e di sole
vanno d’accordo come bambini giudiziosi.
Qui si libera la mia vita
fatta d’intensa nostalgia,
non so più cosa sia la nostalgia,
qui si libera il mio volere.
Una commozione silenziosa mi prende,
linee attraversano i sensi,
non so, tutto è intrico
e tutto è contraddetto.
Non odo più lamenti
e tuttavia ci sono nell’aria lamenti
lievi, candidi, come in sogno
e di nuovo non capisco più nulla.
So solo che qui tutto è silenzio,
niente più assilli e costrizioni,
qui mi sento bene e posso stare in pace
poiché nessun tempo mi misura il tempo.
*
In disparte
Faccio la mia passeggiata,
essa mi porta un poco lontano
e a casa; poi, in silenzio e senza
parole, mi ritrovo in disparte.
*
Prima di coricarsi
Ora che un altro giorno è terminato
e che la terra riposa nella più fitta oscurità
non voglio fare nient’altro
se non dar libero corso allo struggimento
per tutto il giorno soffocato.
*
Troppo filosofico
Com’è spettrale la mia vita
nell’affondare e nel risalire.
Sempre mi vedo far cenni a me stesso
e a me stesso sfuggire.
Mi scopro risata, tristezza
profonda, selvatico
intrecciatore di discorsi
e tutto ciò affonda nell’abisso.
In nessun tempo forse
vi è stata giustizia.
Sono destinato a vagare
in spazi dimenticati.
*
Amore di ragazzo
La bella ragazza si avvicinava,
egli si inginocchiò, mentre lei avanzava piano,
s’inginocchiò e prese a cantarle una canzone
sulle note di uno strumento a corda;
con mestizia e sorridendo
le rivelò il suo amore fedele.
Il suo cuore risuonò timido nella musica
che vibrava trepida come l’amore,
i suoi occhi fissavano la ragazza,
i denti scintillavano nella bocca
con cui, tremante e supplicante, cantava.
La canzone d’amore non aveva termine;
senza fine, come il suo amore, usciva
da lui la calda voce.
In questo modo le rivelò il suo desiderio,
l’aria era piena di affetti e di significati,
il cielo guardava azzurro dall’alto:
ma la ragazza fuggì via,
era sparita e così anche moriva
la sommessa canzone d’amore.
*
Delusione
La delusione non si scorda mai,
è indimenticabile come il richiamo della felicità.
Ricordare è nostalgia
e la nostalgia è tanto smisurata
che non si scorda mai.
*
Luce opprimente
Due alberi sorgono nella neve,
il cielo, stanco della luce,
se ne va e nei dintorni non c’è nulla
fuorché malinconia.
E dietro gli alberi sporgono
scure abitazioni.
Ora si sente dire qualcosa,
ora abbaiano dei cani.
Nella casa appare adesso
l’amata lampada a forma di luna.
La luce di nuovo si spegne,
è come se si aprisse una ferita.
Com’è piccola qui la vita
e come è grande il nulla.
Il cielo, stanco della luce,
ha dato tutto alla neve.
I due alberi piegano
l’uno verso l’altro le loro teste.
Nubi attraversano in girotondo
la quiete del mondo.
*
Inganno
Di nuovo mani stanche,
di nuovo gambe stanche,
un buio senza fine,
rido così forte che le pareti
si girano:ma è un inganno,
in realtà piango.
Grazie!
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