“La guardia bianca” – Michail Bulgakov

Se il nome di Michail Bulgakov è comunemente associato a quello che è indiscutibilmente il suo romanzo più famoso e più importante – esito di un lavoro creativo imponente, non per niente durato dodici anni – che è “Il Maestro e Margherita”, vi è, all’interno dell’opera di Bulgakov, un altro grandissimo romanzo: “La guardia bianca” che sebbene abbia “subito” la fama universale de “Il Maestro e Margherita”, godendo di una notorietà inferiore, ha in realtà un’altrettanto altissima levatura, tale da poter essere considerato, insieme a “Il Maestro”, una vetta assoluta dell’opera di Bulgakov. Tale accostamento di giudizio ha riscontro nel fatto che in entrambi questi romanzi, pur avendo essi riferimenti e contenuti profondamente diversi, la “densità” della tensione e delle tensioni, nonché quella poetica, che li attraversa è così forte e profonda da porli, a livello di potenza e di originalità espressiva, su un analogo piano. E’ perciò, da questo punto di vista, condivisibile affermare che “Esiste un Bulgakov “maggiore”, ed è il Bulgakov della “Guardia bianca” e del “Maestro e Margherita”, ed un Bulgakov che possiamo convenzionalmente e con tutte le cautele del caso, definire “minore”, ed è il Bulgakov delle rimanenti opere” (1)

Continua a leggere

“Tre anni” – Anton Čechov – Seconda parte

Aleksiej Fjodorovic Laptiev conosciuta Giulia Sierghejevna – figlia del medico che ha in cura la sorella di Aleksiej, in quella piccola città di provincia dove ella vive e presso cui egli è in visita – era rimasto attratto dalla bellezza e dalla giovinezza di lei e, divenuto preda di quell’attrazione, se ne innamora, nonostante che quel suo amore sia, a suo modo, impossibile. Perché Aleksiej “…sapeva di non essere bello…Era piccolo di statura, magro, aveva le guance rosse e presto sarebbe rimasto calvo…In compagnia delle donne spesso appariva goffo, era troppo ciarliero e lezioso” Ma, soprattutto, egli vive quella sua scarsa attrattività in modo sofferto e negativo, investendo di quella negatività tutto se stesso, fino al punto di disprezzarsi come persona, non accettandosi così come è. Di fondo Aleksiej Fjodorovic Laptiev aveva sempre avuto una invincibile timidezza e non era certo un uomo forte, laddove l’essere buono, intelligente e serio, quale egli era, non compensava l’ apparire un debole, prima di tutto a se stesso e, di conseguenza, anche agli altri: “…se si tratta di agire, dimostrarsi uomo di carattere, affrontare un insolente ed uno sfacciato, egli si confonde e si perde d’animo…Gli individui come il vostro Aljoscia, sono delle persone eccellenti, non nego, ma sono incapaci di lottare e, in genere, buoni a nulla.” Così infatti, e cioè con spietata sincerità, dirà un giorno a Giulia uno degli stessi amici di Aleksiej.

Continua a leggere