“L’arcobaleno della gravità” – Thomas Pynchon

FIRST Step

La prima domanda a cui bisogna rispondere è: ne vale o non ne vale la pena? Ebbene per me la risposta è si, ne vale la pena. Perché se è vero che leggere Pynchon (P.), questo P. de “L’arcobaleno della gravità” (“L’a.d.g.”) è un’impresa, a suo modo titanica (968 pagine, oltre 400 personaggi, decine e decine di “storie” che si intersecano, si mischiano, si sovrappongono; citazioni di luoghi, personaggi, fatti i più svariati e innumerevoli: l’apoteosi dell’enciclopedismo), tuttavia qui siamo di fronte a un libro che, non a caso, è stato messo a fianco, per la sua levatura, all’Ulisse e a Moby Dick.
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“La pianista” – Elfriede Jelinek

La prima sensazione suscitatami dalla lettura de “La pianista” è stata quella del labirinto. Non solo perché le vicende della “pianista” Erika Kohut (E.K.) non hanno, su un piano di realtà, alcun contenuto evolutivo, anzi si ritorceranno fino allo spasimo contro di lei ma, soprattutto, perché appaiono sistematicamente condannate all’impossibilità stessa di evolversi. Come, per l’appunto, ella si trovasse dentro un labirinto nel quale i movimenti sono rigorosamente dettati e limitati dalle pareti del labirinto che le vengono innalzate e frapposte da chi la circonda, fiaccando in tal modo e costantemente ogni sua manifestazione di volontà. Continua a leggere