“L’isola riflessa” – Fabrizia Ramondino

Fabrizia Ramondino – a fronte di una notorietà, presso il grande pubblico dei lettori, tutt’ora relativa – è in realtà, da tempo, ampiamente riconosciuta come una delle massime scrittrici del nostro Novecento, avendo ricevuto, da critici autorevoli ma anche da chi si è avvicinato come lettore alla sua opera, una considerazione tale da collocarla a livello di autrici come Elsa Morante e Anna Maria Ortese che, a loro volta, furono lettrici partecipi della Ramondino oltre che sue sostenitrici ed ispiratrici. Come afferma infatti Franco Sepe nella sua monografia su Fabrizia Ramondino, “…le sue ascendenze letterarie [sono] rintracciabili, per parte italiana, nell’opera di Elsa Morante e Anna Maria Ortese.” (F. Sepe – “Fabrizia Ramondino. Rimemorazione e viaggio” – Liguori – 2010 – p. 24). E, con riferimento in particolare ai rapporti tra la Morante e la Ramondino, sempre Sepe afferma come sia “…risaputo che la scrittrice romana era stata per la Ramondino un’importante amica e uno dei suoi numi tutelari.” (F. Sepe, cit. p.27), mentre, con riferimento alla Ortese, rileva come: “Il tipo di sguardo della Ramondino sulla realtà in generale (e, segnatamente, su quella polimorfa napoletana) è affine a quello della Ortese – altro suo nume tutelare…” (F. Sepe, cit. p.64).

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“L’iguana” – Anna Maria Ortese

“L’iguana” è un romanzo di perlacea bellezza avendone di una perla la stessa lucentezza e lo stesso splendore ma possedendone anche la stessa opaca e misteriosa anima. Risplendente nelle forme fino ai limiti del barocchismo – di un barocchismo elegante e fastoso nelle sue continue e fantastiche creazioni – “L’iguana” è un romanzo che si cela aprendosi a sempre nuovi misteri, in un continuo anelito alla trasformazione, ma anche alla moltiplicazione dei significati e delle identità.

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“Il mare non bagna Napoli” – Anna Maria Ortese

“Da alcuni momenti provavo la stessa agghiacciante sensazione (…): che tutto fosse pensato, immaginato, sognato, e anche realizzato artisticamente, ma non vero: una inquietante rappresentazione.” Vi è in queste parole l’essenza de “Il mare non bagna Napoli”. Esse contengono e concentrano la costante di tutto il testo: quel perenne senso di sgomento che suscita il reale, la cui insopportabilità può essere detta solo se proiettata in una dimensione che la trascenda, tale da apparire come fosse un’immagine, un sogno, una creazione. Continua a leggere