Fabrizia Ramondino – a fronte di una notorietà, presso il grande pubblico dei lettori, tutt’ora relativa – è in realtà, da tempo, ampiamente riconosciuta come una delle massime scrittrici del nostro Novecento, avendo ricevuto, da critici autorevoli ma anche da chi si è avvicinato come lettore alla sua opera, una considerazione tale da collocarla a livello di autrici come Elsa Morante e Anna Maria Ortese che, a loro volta, furono lettrici partecipi della Ramondino oltre che sue sostenitrici ed ispiratrici. Come afferma infatti Franco Sepe nella sua monografia su Fabrizia Ramondino, “…le sue ascendenze letterarie [sono] rintracciabili, per parte italiana, nell’opera di Elsa Morante e Anna Maria Ortese.” (F. Sepe – “Fabrizia Ramondino. Rimemorazione e viaggio” – Liguori – 2010 – p. 24). E, con riferimento in particolare ai rapporti tra la Morante e la Ramondino, sempre Sepe afferma come sia “…risaputo che la scrittrice romana era stata per la Ramondino un’importante amica e uno dei suoi numi tutelari.” (F. Sepe, cit. p.27), mentre, con riferimento alla Ortese, rileva come: “Il tipo di sguardo della Ramondino sulla realtà in generale (e, segnatamente, su quella polimorfa napoletana) è affine a quello della Ortese – altro suo nume tutelare…” (F. Sepe, cit. p.64).
Elsa Morante
“Alibi” – Elsa Morante
Elsa Morante – “Alibi” – Prefazione di Cesare Garboli – Garzanti. Collana Gli elefanti Poesia – 1990
“Insensibile al linguaggio poetico del Novecento, Alibi risale a una tradizione che non ha né tempo né luogo precisi ma si confonde con l’idea, costituita e trasmessa nei secoli, che il parlare poetico sia un linguaggio nobile, raro, elevato, prezioso, il vestito, per così dire, cosparso di gioielli e “spettacoloso”, col quale i pensieri tragici e i concetti sublimi vanno in giro per il mondo e si mostrano al pubblico. Si può anche dire così: ciò che la tradizione regala a Alibi è solo l’intonazione, l’eco del parlare poetico sentito come uno strumento adatto alla sincerità ma anche alla finzione, inventato e fatto apposta per dirsi e dire la verità ma anche per camuffarla, declamarla, ingannarla – strumento ambiguo sul quale si possono sempre accordare, truccandole, delle confessioni da quaderno segreto troppo roventi per non cifrarle (alibi), e troppo cifrate per non chiedere aiuto a un codice. Questo aspetto del linguaggio poetico è in Alibi esasperato, spinto fino ai confini dell’ artificio e della teatralità solitaria, a luci spente: da una parte, la poesia è la veste, l’indumento di scena che la Morante afferra in un angolo della stanza per coprire la nudità delle sue espressioni; dall’altra è la formula magica , il sortilegio con cui si fanno i vaticinii e si chiedono le risposte al futuro” (dalla Prefazione di Cesare Garboli)
Continua a leggere“Lo scialle andaluso” – Elsa Morante
Se si escludono i poemi e le canzoni che compongono quella sorta di “romanzo poetico” che è Il mondo salvato dai ragazzini, un’opera dal carattere composito che sfugge alle classificazioni, dove ricorrono composizioni che sono racconti in poesia, la produzione poetica in senso stretto della Morante, intendendo una produzione sistematica di tipo lirico, tale da dar vita a raccolte, non ha avuto particolare consistenza. Questo tipo di produzione è infatti circoscritta ad un piccolo volumetto dal titolo Alibi pubblicato da Longanesi nel 1958, riedito da Garzanti nel 1988 con una Prefazione di Cesare Garboli e, successivamente, da Einaudi nel 2004 e nel 2012.
Continua a leggere“L’ isola di Arturo” – Elsa Morante
“…sebbene fossi libero e amassi tanto le grandi imprese, io non uscivo mai dal mare di Procida, verso altre terre.” Queste parole delimitano non solo un confine fisico: quello circostante l’isola di Procida, dentro il quale si muove colui che le pronuncia, ma identificano un ben altro confine: quello in cui si svolge la sua vita e in cui egli creerà il suo mondo, facendo divenire quell’isola, la sua isola.