Helga M.Novak – “Finché arrivano lettere d’amore. Poesie 1956-2004” – Traduzione e Introduzione di Paola Quadrelli – Effigie – 2017
“È questa la prima antologia italiana della lirica di Helga M. Novak, qualificata dal poeta e chansonnier tedesco-orientale Wolf Biermann come «la maggiore poetessa della DDR». Intensamente legata alla esperienza autobiografica, contrassegnata da un doloroso destino di figlia adottiva, dall’ espatrio dalla DDR nel 1966 e da una esistenza errabonda, la vasta produzione poetica della Novak si distingue per una notevole varietà formale, ritmica e contenutistica, testimoniata nel presente volume dall’ alternarsi di ballate di sapore popolare, apologhi di marcata attualità politica, lamenti d’amore, invocazioni struggenti, composizioni di soggetto storico e mitologico e, soprattutto, splendide poesie dedicate alla natura, in cui paesaggi coperti da antiche foreste e punteggiati di laghi vengono evocati con precisione naturalistica e forza visionaria.” (dalla bandella di copertina)
sotto il gelso
carta carbonizzata innevava la strada
lanterne sghembe ondeggiavano ebbre
le finestre a inferriate della scuola di mattoni
tenevano al sicuro in cantina quaranta bambini
le mura della città andavano in cenere
di fronte alla scuola c’era un albero di gelso
e un bambino nei bagliori dell’incendio
si ingozzava la bocca di dolci more
la scuola in mattoni è bruciata per intero
le inferriate tennero bene
i quaranta presero fuoco come libri urlanti
da ultime s’infiammarono le braccia protese
il bambino ha smesso di crescere
– uno scemo qualsiasi – e
mentre sulla cenere crescono le cipolle
lui continua sotto l’albero di gelso
a ingozzarsi la bocca di dolci more.
*
per una volta non essere
di shock e traumi sono fatta
ahi quanto si deve capire e sopportare
e come vado scavando nelle altre persone
per vedere se abbiano vita più facile della mia
alzatemi dalle ortiche cado
nel formicaio più vicino
vorrei essere risparmiata
dalle mie esperienze dalla mia vita
dai miei antenati dalle mie sconfitte ed estasi
per una volta non essere invadente diffidente
ritrosa maligna avida bonaria asociale
per una volta non essere
*
fuori casa
quando oggi ho cercato le chiavi
quando le ho trovate nella mia borsa piena
la porta mi sembrava inchiodata
e non ho osato aprirla
ho sfondato la finestra
sono entrata dalla finestra
e ho rattoppato il buco
con carta nuova di giornale
quando ho cercato una sedia
quando ho tirato fuori tutte le mie cose
mi pareva che la sedia
avesse solo tre gambe
e non ho osato sedermi
sto stesa sul pavimento
e vedo per la prima volta il soffitto piegarsi
chiamate pure bussate
anche se doveste salire sul tetto
io non sono più a casa
*
una pietra
ma che pietra è mai questa
che ho al collo
non un ornamento
questo è chiaro non un contrassegno
eppure ho una pietra appesa
al collo
pesante abbastanza da incurvarmi
per l’intera vita
e però troppo leggera per
scendere in acqua con lei
il flauto del pifferaio magico
galleggia più in alto
*
finché arrivano lettere d’amore
finché arrivano lettere d’amore
non tutto è perduto
finché mi raggiungono abbracci
e baci seppure per lettera
non tutto è perduto
finché nei pensieri
vi chiedete dove io sia
non tutto è perduto
*
la morte è alla nostra finestra
la morte è alla nostra finestra
e ci guarda in casa
non ci facciamo il segno della croce
perché batta in ritirata
e la lasciamo star lì
la morte è sulla soglia di casa
con il piede levato
non cadiamo in ginocchio
ma intoniamo una canzone di marinai
la più allegra possibile
e la lasciamo star lì
la morte è seduta alla nostra tavola
vuole pelle e ossa
si serve di vino rancido
ma noi mangiamo e beviamo
e ci siamo dimenticati di lei
*
Case
campagna terra natura
tutti femminili
è là che voglio andare
dov’è desolazione
è là che voglio andare
dove non c’è niente
natura e inviolata
e in gran silenzio
costruirò una casa
abiterò una casa
e io – non amata
e incapace di amare –
la incendierò
del mio smisurato amore
anche questa notte trascorre
e nessuno viene
e abbatte i miei recinti
vedi quella panca gialla arrugginita
su quella starò seduta
quando non saprò più che fare
dunque per sempre come una
cui le lacrime velino gli occhi
*
Brina
tende di pizzo dietro ad arabeschi di ghiaccio
dietro a finestre di otto riquadri dietro
a imposte intagliate dietro a smerigliati
cespugli scintillanti ogni ramo
un gallone di pizzo cesellato come argento
lungo i ramoscelli e nelle biforcazioni
teli leggeri in tulle garza velo e mussolina
dal cornicione scendono pesanti tendaggi
di ghiaccioli frange pizzi traforati
casa in legno sogno d’infanzia castello in aria
nascosta camuffata avvolta nelle trame del gelo
tessuti filamenti ricami della fantasia sei
gradini di legno una soglia tra
me e una vita sognata
*
Malinconia
Malinconia bella posa
bada solamente che nessuno ti veda
mentre stai lì in mostra seduta
sulle rive di acque mormoranti
malinconia smemorata
guarda di non dare nell’occhio
a nessuno e che nessuno ti dia
fastidio disturbi la tua sciocca
svagatezza e ti annienti
malinconia effimera salvezza
assorta tutto penetri con lo sguardo
sulla sponda increspata del lago
sinché uno ti vede e allora
l’eco in un volto umano
ti spezza d’un colpo le ali
malinconia consolatrice clemente
*
decomposizione
dopo la mia morte l’anima
che non so
dove si trovi al momento
(non l’ho mai vista)
dove dovrebbe dirigersi dove
quando morirò quando cadrò stecchita
che il mio cuore smetta di battere
è certo e anche che diventerà terra
quanti cuori ho sentito battere
le anime mai e a nessuno auguro
il tormento di ospitare in futuro
la mia anima un simile castigo
non se l’è meritato davvero nessuno
ma il mio cuore si decomporrà peccato
L’ha ribloggato su dietroleparole.
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Grazie! Davvero.
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Molto belle, soprattutto “non essere” e “fuori casa” (almeno per me).
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Grazie Elena della condivisione. Si, sono davvero tutte molto belle ed anche molte altre di quelle contenute nella raccolta.
La Novak è una grande poetessa tutta da scoprire, poco conosciuta anche in Germania.
Un caro saluto
Raffaele
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Grazie, una grande poetessa appena scoperta.
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