“Un assistente inaffidabile” – Maurizio Salabelle

“In otto giorni scrissi un romanzo di duecento pagine dall’insolito titolo Il lugubre, in cui raccontavo avvenimenti che non sarebbero assolutamente potuti accadere. Inventai per questo testo la nuova tecnica “iporealistica”. Dove anche le scene più banali contenevano dosi di inverosimile”.

In queste parole dette da Filip, il protagonista di “Un assistente inaffidabile”, vi è una sorta di concentrato di quell’incredibile mondo e di quell’incredibile modo di raccontare inventato da Maurizio Salabelle che ebbe la sua prima apparizione proprio con “Un assistente inaffidabile” che fu il primo libro di Salabelle pubblicato, uscito nel 1992. Anche se non fu il primo scritto, essendo stato preceduto da “La famiglia che perse tempo”, pubblicato quest’anno (2015) da Quodlibet a 12 anni dalla morte di Salabelle, deceduto nel 2003 a soli 43 anni, ed anche questa morte così prematura ha un che di incredibile.

Io non conoscevo assolutamente Maurizio Salabelle fino a poco tempo fa, pur essendo stati pubblicati, dal lontano ’92, altri quattro suoi libri oltre questo e oltre quello uscito quest’anno. E quando l’ho scoperto, tenuto conto del tempo intercorso dall’uscita del suo primo libro e delle successive uscite degli altri, ho come avuto la sensazione di avere a che fare con un autore la cui esistenza e la cui opera è come se fossero rimaste segrete. Non a caso Ermanno Cavazzoni che fu lo scopritore di Salabelle e sostenne presso Bollati la pubblicazione di “Un assistente inaffidabile”, così come ha curato adesso la pubblicazione di “La famiglia che perse tempo”, intitolò un suo articolo apparso su Repubblica nel 2003, in ricordo di Salabelle: “Scrivere in segreto” e, in quell’articolo, esordiva con queste parole: “Maurizio Salabelle ha scritto alcuni libri che oggi, dopo la sua morte mi sembrano ancora più solitari e abbandonati…mi piacerebbe fosse più letto. Ma ci sono opere che hanno una loro natura discreta ed è meglio se continuano a vivere nella discrezione…chi li legge direi che ne può avere un beneficio; e fa parte della loro attrattiva sentire che non sono adatti allo strombettamento mediatico”. E anche tutto questo, che penso sia vero ancora oggi, è incredibile. Perché l’originalità, anzi direi la assoluta novità del narrare di Salabelle, di cui si fa la scoperta leggendolo, è tale che si vorrebbe correre subito a farlo leggere anche ad altri, sicuri di suscitare analogo entusiasmo di quello provato scoprendolo e saperlo ancora così poco conosciuto fa provare un rammarico come se si consumasse una grande perdita.

Dopo aver letto “Un assistente inaffidabile” ho avuto infatti la netta sensazione di avere a che fare con un Autore, con un vero Autore, perché la straordinarietà creativa di Salabelle è tale che non solo si viene catturati, quasi ipnotizzati da ciò che scrive e da come lo scrive, ma si ha davvero l’emozione di trovarsi di fronte a qualcosa di caratteristico, di unico, di speciale, a una invenzione letteraria fuori dal comune, ciò, appunto, che contraddistingue un Autore rendendolo esclusivo e diverso da tutti gli altri, in una parola, inconfondibile. La prima cosa da cui si viene colpiti è la forza comica che promana dalla scrittura di Salabelle. Ma non è una comicità esibita, non è una vis comica cercata, è, invece, tutta interna al testo, come se uscisse dai pori del testo per conto suo, apparentemente sfuggente eppure continuamente presente. Il suo segreto, ho avuto l’impressione, è nella sua natura allusiva, nell’essere buttata là con nonchalance, quasi distrattamente, con l’intento, attraverso di essa, di evocare altre emozioni e altre sensazioni oltre quelle comiche.

Sulla natura del comico nei suoi libri Salabelle ne ha parlato in un suo scritto, evidenziandone il senso e le connessioni: “Mi sono reso conto che i miei libri potevano essere definiti “comici” o “umoristici” solo quando sono stati letti da qualcuno che mi ha poi detto di essersi divertito. All’inizio non pensavo lo fossero: gli scrittori che prediligo (Tozzi, Flaubert, Manganelli, Walser, Perec, Bernhard, Mastronardi) non sono degli umoristi, anche se mi accorgo che quando li leggo mi viene spesso da ridere. Hanno in comune il fatto di essere dei visionari: di raccontare le loro personali visioni, loro deliri e allucinazioni, senza curarsi delle cosiddette “realtà” o “attualità”, nemmeno quando sembrerebbe proprio il contrario. Ed è forse perché il delirio, oltre a inquietare e intimorire, fa di solito un po’ ridere, che in loro è sempre presente un certo lato comico. Nel mio caso, penso che la comicità sia dovuta principalmente al tono del mio stile, che è, a quanto sembra, sempre piano e impassibile. Questo succede perché, nello scrivere, seguo una musica o un ritmo interno che è del tutto indipendente da ciò che narro, che non si fa coinvolgere dai fatti raccontati…Questa musica o ritmo che mi guida, e che somiglia a un dettato, mi procura di solito una certa sonnolenza, mi trasporta in una condizione di stupore leggermente catatonico, che mi fa essere impassibile e distaccato dagli eventi di cui parlo. E’ proprio questa mescolanza di torpore e grande attenzione (che coesistono durante la scrittura) a determinare, penso, l’accento umoristico”(Maurizio Salabelle – “Un romanzo è un apparecchio complicato” pubblicato nella rubrica “Martin Eden” de “L’Indice” – anno 2000 – n.5).

Da questo chiaro resoconto emergono molto bene le fonti del processo creativo di Salabelle e, al tempo stesso, le ispirazioni che lo guidavano e che ci fanno comprendere il suo “mondo” che è anch’esso un mondo assolutamente visionario con al suo interno tutta una serie di invenzioni e ambientazioni assurde e surreali con cui egli ci porta fuori dalla realtà, in un’altra realtà, una iperrealtà, o forse, come egli fa dire a Filip una “iporealtà”, carica di inverosimile eppure resa in modo tale che quell’inverosimile diventa possibile e plausibile. Un convivere degli opposti che ricorre per diversi aspetti in Salabelle senza che però siano più delimitabili i confini e le caratteristiche di tali opposti. E così non si sa più che cosa sia normale e che cosa sia folle, quanto ci sia di tragico e quanto ci sia di comico, quando prevalga lo stupore e quando il disincanto. Perché Salabelle, con quel tono pacato e leggero, ammaliante e onirico con cui conduce la narrazione stempera le differenze fra quegli opposti, svuota il dramma, latente nelle situazioni che inscena, mutandolo in chiave grottesca e ci fa convivere con l’insensatezza fino al punto di chiederci dove può arrivare la sua insensatezza, tenendoci, come egli fa, immersi in un sogno allucinato sempre al confine tra crollo e autocontrollo.

Entrando in “Un assistente inaffidabile” si ha subito l’impressione di entrare in una favola lieve ma oscura, dove tutto sembra gravemente ed estremamente serio e, al tempo stesso, così inattendibile ed irreale da non avere proprio niente di serio. Da subito le cose non sono quello che sono o quello che dovrebbero essere. Tutto è come fuori posto, funziona, ma funziona in una versione opposta o difforme, come fosse un orologio che va, ma invece che andare avanti va indietro. L’azione è scandita dall’immobilismo, la comunicazione fra i personaggi dal mutismo, l’accudimento dalla sua inconsistenza, l’intrapresa dall’inerzia, lo zelo dall’insuccesso, i fatti dal mistero. E così in questo mondo, per il paradosso permanente che in esso vige, succede di tutto e può succedere di tutto. E infatti da quella muffosa e polverosa cappa di immobilismo in cui Filip e lo zio Mariano stazionano, in uno stato di abulico mutismo, all’interno di quel loro negozio di “Copricapi” in cui non entra mai nessuno, sito nella zona “più depressa della periferia”, si dipanerà un groviglio di vicende dominate da un non senso in cui convive la magica alchimia di una narrazione esilarante applicata a personaggi ed eventi intinti in un fondo di gelida e livida malinconicità. Da cui l’impressione che il comico di Salabelle sia anche questo: un liberatorio e potentissimo antidoto per esorcizzare la malinconia.

Ma il succo e il tema di “Un assistente inaffidabile” è proprio l’inaffidabilità, e non tanto quella di Filip, assistente che non assiste perché non c’è niente da assistere, inaffidabile non per indolenza ma, casomai, per eccesso di zelo, bensì l’inaffidabilità di tutto e di tutti che fa si che non si possa contare su niente e su nessuno. L’aleatorietà e l’imprevisto, l’incerto e l’inspiegabile sono i veri protagonisti che sbucano da ogni dove e gettano i personaggi in un imperturbabile quanto tetro sgomento. E lo stupore con cui assistiamo al dipanarsi delle vicende non ha fine, con un crescendo che sembra destinato a moltiplicarsi all’infinito. Più che la trama, che richiama quella di un racconto “nero”, sono le trovate fantastiche di Salabelle che sono fantastiche, con quella loro anarchica mitezza e quella loro rovinosa inappariscenza che rendono l’universo immobile di Salabelle un capolavoro di irrisione e di rovesciamento.

11 risposte a "“Un assistente inaffidabile” – Maurizio Salabelle"

  1. Elena Grammann 9 giugno 2017 / 23:39

    Ci avrei scommesso che ti piaceva Salabelle. Ho letto soltanto “La famiglia che perse tempo” (che magari non è il suo migliore), ma l’autore mi pare presentato benissimo, direi che si sente l’affinità elettiva: “L’azione è scandita dall’immobilismo, la comunicazione fra i personaggi dal mutismo, l’accadimento dalla sua inconsistenza, l’intrapresa dall’inerzia, lo zelo dall’insuccesso, i fatti dal mistero.”
    Affascinante – ma quanto a lungo?

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  2. ilcollezionistadiletture 10 giugno 2017 / 8:42

    Mi hai fatto venire in mente e mi hai fatto venire voglia di pubblicare, dandotene pubblicamente merito, una cosa che avevo scritto un po’ di tempo fa su “La famiglia che perse tempo”, quando lo lessi e che, come si suol dire, tenevo nel cassetto. Poco più che un appunto ma, visto l’”affetto”, in senso letterario, che mantengo per Salabelle, prima ancora che l’”affinità”, di cui dici, il tuo feed mi ha smosso quell’”affetto”.
    Purtroppo, come ben sai, alla tua domanda non è possibile rispondere. Anche se io, come suo ammiratore, penso che ci avrebbe riservato ancora delle belle sorprese. Ma basterebbe intanto che quello che ha scritto fosse più diffuso.
    Grazie per l’attenzione e per il tuo, come sempre, partecipe e graditissimo apprezzamento.

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  3. marisasalabelle 10 luglio 2017 / 9:16

    Caro collezionista di letture, mi chiamo Marisa e sono la sorella di Maurizio Salabelle. Sono capitata sul tuo blog per caso e ho scoperto con meraviglia che sei un suo lettore e ammiratore. Ne sono veramente felice. Maurizio è stato veramente uno scrittore straordinario, ed è un peccato che non abbia avuto maggior successo, ma forse ciò rientra nella sua natura schiva e appartata. Grazie per le belle recensioni!

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    • ilcollezionistadiletture 10 luglio 2017 / 14:12

      Gentile Marisa sono veramente onorato della sua visita e delle sue bellissime parole che mi hanno fatto un grandissimo piacere.
      Allo stupore derivante dalla sua inattesa “apparizione”, ha fatto seguito la gioia per aver suscitato in lei quel senso di sincera riconoscenza che esprimono le sue parole, per la concreta testimonianza dell’ “affetto”, per l’opera di suo fratello, che i miei modesti commenti le hanno trasmesso.
      Ne sono, a mia volta, veramente felice anch’io.
      La “grandezza” di suo fratello meriterebbe ben altra attenzione di quella sin qui avuta ma, come dice lei, “forse ciò rientra nella sua natura schiva e appartata” e non è detto che in un futuro le cose non cambino.
      Come avrà visto, ho cercato di “rilanciare”, non appena ne ho avuto l’occasione, il lavoro di suo fratello all’interno del mio blog e non mancherò di farlo tutte le volte che me ne sarà data l’opportunità.
      Ogni nuovo lettore di Maurizio Salabelle è un piccolo contributo alla conoscenza della sua opera che, sono certo, col tempo avrà e riceverà gli onori, i riconoscimenti e la diffusione che si merita.
      Grazie di nuovo e un carissimo oltre che cordialissimo saluto.
      Raffaele Santoro

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    • ilcollezionistadiletture 10 luglio 2017 / 14:13

      Ho appena visto che ha ribloggato il mio articolo su “Un assistente inaffidabile” nel suo blog. Ancora un grazie di cuore, anche per questo.

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  4. marisasalabelle 10 luglio 2017 / 14:48

    Sono io che devo ringraziarti (vedo che mi hai dato del lei, io per semplicità interpello col tu tutti i miei contatti virtuali); mi riprometto di ribloggare nei prossimi giorni anche la recensione che hai fatto alla Famiglia! Un caro saluto, Marisa

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    • ilcollezionistadiletture 10 luglio 2017 / 15:33

      Il lei era per l’emozione e per un filo di imbarazzo ma opto con molto piacere per il tu.
      Intanto non so più come ringraziarti.
      Verrò a leggerti e a trovarti nel tuo blog.
      A presto
      Ciao
      Raffaele

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