“Sotto il vulcano” è un libro che, soprattutto all’inizio, può risultare ostico e difficile. Prima di arrivare a capire che cosa stavo leggendo ho patito, per diverse decine di pagine, la frustrazione della quasi totale incomprensibilità. Poi, man mano che andavo avanti, ho cominciato a capire che mi trovavo di fronte a qualcosa di assolutamente fuori dal comune, pieno di cose geniali, capace di evocare immagini e pensieri unici, dotato di una creatività straordinaria.
Il problema e la bellezza di “Sotto il vulcano” più ancora che in ciò che si dice sta nel modo come lo si dice. Il suo fascino e la sua difficoltà è in quel suo linguaggio ubriaco e ubriacante e nella continua sovrapposizione e intersecazione di differenti piani narrativi e descrittivi.
Leggi e rileggi scopri che quegli inserti che interrompono la narrazione principale, a prima vista privi di senso, di cui è costellato, sono in realtà espansioni di significati, modi diversi di dire le cose, che aggiungono e non tolgono senso, che ampliano le possibilità di immaginazione.
Superato lo spaesamento iniziale ti trovi introdotto in un’altra dimensione di percezione e visione delle cose e del linguaggio: vulcanica, febbrile, sfasata, imprevedibile,vorticosa, alterata, comica e feroce al tempo stesso. Io l’ho trovato assolutamente straordinario e, a ragione, secondo me, è una delle cose più belle di tutto il novecento e non solo.