“Bouvard e Pecuchet” – Gustave Flaubert

“…..Bouvard e Pecuchet è dominato da una bellissima invenzione poetica, che penetra in tutte le fibre del libro, facendolo risuonare e echeggiare: coloro che devono svelare la sciocchezza naturale dell’uomo sono due sciocchi. Quale trovata poteva essere più leggera e piena di grazia?

La seconda invenzione è, forse, ancora più essenziale….
[Flaubert] capì[che]…avrebbe dovuto penetrare dentro la sciocchezza; e questa strada non lo conduceva tra i detestabili borghesi che popolavano il mondo, ma nell’intimo del suo cuore, dentro la sua anima più profonda. L’imbecille…era lui, Gustave Flaubert…..

Diventando Bouvard e Pecuchet, comprese quale candore, innocenza, grazia e leggerezza nascondesse nell’ animo – tutte doti che, fino a quel momento, aveva ignorato di possedere. Non aveva mai conosciuto la freschezza bonaria, la tenera buffoneria, l’eccentricità deliziosa, che ora, con il gesto del creatore sovrano, regalava ai suoi due commessi….

Bouvard e Pecuchet appartengono ai massimi personaggi del romanzo europeo: invenzioni di una felicità ineguagliabile e senza macchia, che splende, si rinnova, scintilla, fantastica dalla prima all’ ultima pagina del libro….Se si era confessato in Madame Bovary e nell’ Education sentimentale, ora Fleubert si confessa ancora più intensamente nei suoi umili doppi. Tutto in loro è flaubertiano: il desiderio di conoscenza, l’enorme immaginazione, l’insaziabilità delle esperienze; la nostalgia, il senso della fluidità universale e dell’immensità della natura, che è presente tra le mani e fugge via tra le mani; la profondissima noia, la malinconia amorosa, il desiderio della morte; e l’intelligenza acutissima e folgorante, che si cela nella loro sciocchezza come in un confortevole nido protettivo….

L’irruzione dei due commessi sconvolse completamente lo spirito e la letteratura di Flaubert….Lo stile si alleggerisce prodigiosamente: diventa lieve come in un’opera buffa, anche quando deve raccontare esperienze intellettuali complicate….Anche il comico greve, macchinoso e meticoloso di Madame Bovary scompare: ora regna una ilarità lieve, una buffoneria deliziosamente assurda, che accompagna tutti i gesti dei due geni imbecilli…I due copisti sono posseduti dalla passione enciclopedica del diciottesimo e del diciannovesimo secolo.Vogliono conoscere tutto ciò che la scienza ha scoperto; apprendere tutto ciò che è accaduto: lo catalogano, lo distinguono, gli danno un ordine; e, alla fine, dominati da una fame inarrestabile, lo ingoiano e lo fanno proprio.

Niente manca alla loro sete di conoscenza: dall’ orticoltura all’ agricoltura, dalla frutticoltura alla distillazione, dalla chimica all’ anatomia, dalla fisiologia alla medicina, dall’ igiene all’ astronomia, dalla geologia all’ archeologia, dalla critica storica alla letteratura, dal teatro alla politica all’ idroterapia alla ginnastica all’ occultismo al magnetismo allo spiritismo alla filosofia alla religione all’ educazione, – Bouvard e Pecuchet è un’enciclopedia vivente. I due copisti vogliono conoscere persino i misteri nascosti della materia: ”com’è possibile che lo stesso succo produca ossa, sangue, linfa e materia escrementizia?”; “come mai la calce che sta nei gusci delle uova è in quantità maggiore di quella contenuta nell’ avena che la gallina mangia?’” …dobbiamo supporre che Flaubert schernisse semplicemente l’idiozia enciclopedica dei suoi eroi.

Da un lato egli la esaltava; perché non c’è nulla di più grave e solenne, se la passione del tutto è la più nobile esistente nel cuore umano, e anche i libri di Omero e di Rabelais sono delle enciclopedie. Ma d’altro lato, con il doppio sguardo che gli era proprio, Flaubert si prendeva gioco di ciò che adorava e di ciò che Bouvard e Pecuchet adorano, perché il loro edificio enciclopedico è il più sconclusionato, disordinato e assurdo che possiamo immaginare. Quando Bouvard e Pecuchet arrivano alla fine delle loro letture, comprendono che la scienza – il loro sogno, il sogno dell’Ottocento, il sogno di tutto il genere umano – non è che un guazzabuglio di eccezioni e di contraddizioni. Non ci sono leggi che abbiano una validità qualunque. Nessuna teoria riesce ad esprimere l’infinita molteplicità dell’esperienza…

Se le esperienze di Bouvard e Pecuchet falliscono non è soltanto perché essi sono degli sciocchi, ma perché la stessa idea di esperienza – il tabù del diciannovesimo secolo – è insensata. La conclusione è che tutto è insensato: la scienza, la storia, la filosofia, la metafisica, e in primo luogo la creazione nella quale solo gli imbecilli scoprono armonie e corrispondenze meravigliose. Che c’è di più assurdo del cervello umano, questo culmine dell’universo, “con i suoi peduncoli e ventricoli, archi, pilastri, piani, gangli e fibre d’ogni specie, e il forame di Pacchioni e il corpo di Pacini”, con tutto il suo ammasso inestricabile?”

(Libera riduzione di un articolo di Pietro Citati apparso su Repubblica del 19.12.1992)

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