Massimo Cecconi per me è, prima di tutto, un amico. A lui devo la collaborazione, ormai pluriennale, che ho con la rivista on-line “z3xmi”, il cui slogan: “Milano informata e attiva” ne indica finalità e contesto; rivista di cui Cecconi è stato uno dei fondatori e di cui dirige la pagina culturale, sulla quale pubblico, dal 2013, cicli di recensioni a tema all’interno della rubrica di libri: “Andar per libri”.
Ma Massimo Cecconi è stato ed è, soprattutto, una figura importante del panorama culturale milanese essendo stato promotore e produttore di numerose iniziative in ambito di cultura e di spettacolo a Milano, tra cui “Invito a teatro”, “Cannes e dintorni”, “Suoni& Visioni” e la “Milanesiana”. Inoltre ha ideato la collana di video “Gente di Milano” ed è coautore di due documentari dedicati ai poeti milanesi Maurizio Cucchi e Umberto Fiori. Infine è stato membro del Consiglio di amministrazione del Piccolo Teatro di Milano e della Fondazione cineteca italiana, istituzione storica a Milano, in ambito cinematografico.
E, nel solco di questo suo rapporto “forte” e radicato con Milano e con la sua realtà culturale, Massimo Cecconi ha adesso realizzato un altro progetto che ha al suo centro Milano. Nuovo e diverso rispetto a quelli precedenti, che arricchisce e impreziosisce quel suo rapporto. Un progetto il cui esito ci consegna per farcelo condividere e per farci vivere un mondo: quel mondo che egli ha creato e ricreato con i racconti che ha scritto e raccolto sotto il titolo de “La Piazzetta”, appena editi da “La vita Felice”, e che, come recita il sottotitolo, sono – in tutto e per tutto, aggiungo io – “racconti milanesi”.
Non solo perché sono ambientati a Milano, ma perché rievocano la “tipicità” milanese nella sua essenza più schietta e popolare che Cecconi ricrea raccontandola attraverso i modi di fare, di vivere e di dire che appartenevano alla Milano di una volta quella, per intenderci, che va da inizio secolo fino agli anni ’60 che è poi l’arco temporale nel quale le storie sono collocate. La Milano narrata da Cecconi evoca quindi un mondo che è esistito ed era assolutamente reale ma di cui oggi, nella nostra contemporaneità, non ve ne è più traccia. Ed è in questo mondo, altro e diverso da quello di oggi, che veniamo portati, nel quale, come in uno specchio, guardarsi e rifrangersi, scoprendo un modo di stare al mondo che aveva in sé tante cose oggi smarrite e perdute. Un insieme fatto di umanità, moralità, spontaneità e semplicità di cui, nella nostra realtà di oggi, troviamo, per lo più e soprattutto, i rispettivi contrari.
Ma non è, quella fatta da Massimo Cecconi con questo suo libro, un’operazione nostalgia, una malcelata tentazione di resuscitare il passato e ritornare ad una sorta di mondo di ieri. Egli nel raccontarlo quel mondo ne coglie e ne distilla la sua intima e “inconsapevole” poesia, muovendo i personaggi e intessendo le storie con delicatezza e sottile malinconia, con leggerezza e affettuosa simpatia, facendo, in fondo, di quei personaggi e di quelle storie, il tramite attraverso cui creare un “luogo” letterario, non solo in senso fisico ma, soprattutto, in senso esistenziale. “La Piazzetta” diventa così un modo per parlarci della vita, non solo di “quella” vita, ma della vita in generale. E quel “materiale” su cui Cecconi ha lavorato gli ha offerto una varietà e pluralità di spunti che egli ha cesellato abilmente e felicemente, restituendoci un’umanità ricchissima, sia sul piano dei sentimenti che su quello sociale e culturale.
Lungi quindi da una ricostruzione cronachistica, bozzettistica e localistica nella quale, peraltro, poteva essere facile cadere, veniamo condotti in quel mondo attraverso storie di gente comune, colta nella sua vita quotidiana, nei piccoli/grandi drammi nei quali si viene a trovare, nelle assurde e talora folli circostanze nelle quali si va a mettere o viene messa. Così ci passa di fronte una grandissima varietà di storie e di personaggi raccontati in un modo che alimenta l’impressione di essere di fronte a un “cinema”, la sensazione cioè di stare vedendo lo svolgersi di cose e situazioni vive e animate. Tutto in questi racconti è infatti descritto con una vivezza che ci restituisce persone, luoghi e tratti di vita quotidiana luminosi e, al tempo stesso, illuminanti di quel tempo e di quell’epoca. Sono quadri e scene di storie minimali, immediate ed esplicite, ma di grande efficacia narrativa e rievocativa.
Tutto ciò senza cadere mai nel ripiegamento nostalgico, nell’amarezza dolente, nel rimpianto passatista, al contrario riportandoci in quel passato in modo vitale, facendocene cogliere lo spirito e il senso, il valore e i valori, le emozioni, belle o brutte che fossero, che si vivevano. Ed inoltre tutto è scritto con una sincerità partecipe, non c’è alcunché di virtuosistico, di manieristico, di autocompiaciuto. Si sente che Cecconi nutre empatia per i personaggi di cui parla, li descrive e li tratteggia come se li conoscesse tutti, uno a uno, e quindi, a ragion veduta, gli è concesso parlarne, come se ne avesse appunto cognizione diretta.
Si capisce quindi che l’ “operazione” condotta da Massimo Cecconi con questi racconti è stata assai più fine e motivata rispetto a quella del “mettere su” un libro di puro intrattenimento che pure, anche su questo piano, “La Piazzetta” ha la sua bella dignità. In realtà il lavoro fatto da Cecconi ha un senso e un significato più profondo che attiene al tema della memoria. Un lavoro sulla memoria per riattivarla e per preservarla, laddove di quell’epoca e di quel mondo la memoria ormai comincia a vacillare o è del tutto svanita, ma anche un lavoro finalizzato a riaffermare il valore della memoria in sé, con tutto il suo bagaglio di cultura materiale e di storia umana che essa mantiene e trasmette. Non ultimo un richiamo alla memoria delle cose come monito per ciò che è stato e non dovrebbe essere mai più come nel toccante racconto dal titolo “La Lucianina”, la cui protagonista, Lucianina appunto, morirà ad Auschwitz a tredici anni e quattro mesi.
Una memoria tuttavia filtrata sempre dall’invenzione narrativa, trasfigurata dai ricordi, veicolata dal gusto della creazione e dal ricorso alla fantasia. Perché come ci dice Cecconi stesso in epigrafe “Queste piccole storie sono ispirate a fatti irreali, con esclusione di quelli che non lo sono”. E se qua e là non mancano echi e evocazioni “letterarie” che si colgono in sottofondo, delle quali, a me, più di tutte, è arrivata quella di Gadda e, in particolare, quella de “L’Adalgisa”, resta che la “voce” che Cecconi dà ai suoi personaggi e lo stile con cui racconta sono assolutamente personali, restituendoci umori, essenze, tinte, espressioni, cadenze che sono memoria di quel mondo che egli ci narra e, al tempo stesso, cifra del suo narrare.
Particolare e generale, singoli e gruppi, individuale e collettivo convivono in questi racconti dando il senso di un affresco ricco e variopinto, dove la coralità delle voci trasmette sempre la percezione di una comunità fatta di persone in relazione tra loro, ancora capaci di avere senso di appartenenza, radici, legami effettivi ed affettivi, laddove oggi di ciò se ne ha l’assoluta latitanza. E, nel calibrare dramma e commedia, tragico e ridicolo, una sentita pietà con una mordace ironia, un umorismo amaro con uno più tenero, Cecconi riesce alla fine a farci affezionare alle sue storie e ai suoi personaggi, rendendoli sempre credibili e lasciandocene un ricordo che merita di essere condiviso.
Grazie per questo articolo. Sono milanese di nascita ma mi sono trasferita a Boston, negli States dopo il liceo Carducci. Mi manca Milano. Cercherò di leggere il libro.
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Mi fa molto piacere che l’ articolo le sia piaciuto e che le abbia fatto ricordare piacevolmente Milano. Penso che ne sarà ancora più contento l’autore del libro.
Grazie e buona permanenza negli States
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dove sarebbe la piazzetta? io sono milanese anni 50 60 ma non ricordo nessuna piazzetta .Grazie
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La “piazzetta” è un luogo di fantasia immaginato dall’ autore, nel quale vivono e intorno al quale orbitano i personaggi e le storie dei vari racconti. Grazie a lei della visita e della lettura.
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L’articolo invita alla lettura del libro, trovo interessante anche l’impegno suo e di Massimo Cecconi a favore della cultura. Un cordiale saluto, t
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Grazie dell’apprezzamento e grazie per il suo riconoscimento dell’ impegno, peraltro del tutto spassionato e “volontario”, di chi cerca di mantenere vivi e condivisi contenuti e valori culturali che vanno difesi e riaffermati per i loro significati e per la loro bellezza. Un cordiale saluto anche da parte mia.
Raffaele
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