Constantinos Kavafis – “Un’ombra fuggitiva di piacere” – Traduzione e Introduzione di Guido Ceronetti – Adelphi – 2004
“…Ceronetti ci consegna la sua versione di quarantaquattro delle centocinquantaquattro poesie che costituiscono l’intera produzione di Kavafis…Scopriremo così che i temi e i motivi della poetica di Kavafis – l’ incertezza e la difettosità del piacere, l’inafferrabilità della bellezza, il guardarsi invecchiare consapevoli di desiderare ancora – sono, come conclude lo stesso Ceronetti, <<bruciori e malinconie poetiche di chiunque abbia sensibilità e mente>>” (dalla quarta di copertina)
LE FINESTRE
Per queste stanze buie giro giro…
E trascino i miei giorni irrigiditi
Cercando le Finestre. Oh conforto,
Se mai una si aprisse!
Ma qui
Non ci sono finestre. O mi è impedito
Trovarle.
Meglio, forse, così; mai uno squarcio.
Tutto potrebbe farsi, se irrompesse
La luminosità, più cupo.
Muterebbero
Tante cose: spunterebbe
Qualche nuova oppressura.
[1903]
ASPETTANDO I BARBARI
Tutti qua, sulla piazza, ad aspettare.
Tutti quanti a far niente. C’è un motivo?
Eh…Oggi arrivano i barbari.
Anche il Senato è fermo.
I senatori, là seduti.
Niente più leggi…
Perdio, coi barbari alle porte.
Dovrebbero far leggi i senatori?
Toccherà ai barbari. Arrivano – tra poco.
E l’Autocrate? Eccolo già levato
Assiso davanti a Porta Grande
Corona in testa, tutto paludato.
Perché entro oggi è previsto
Ci occupino i barbari.
E l’Autocrate nostro si prepara
Ad accogliere il loro khan
Con l’offerta di una bella pergamena
Di preziosa scrittura in cui figurano
Titoli e nomi.
In rosse toghe avvolti ricamate
I nostri due pretori e i nostri consoli
Dove sono diretti stamattina?
E con quel braccialetti d’ametisti,
E anelli di smeraldo lucescenti…
E impugnano fior di mazze
Tutte cesello d’argento e d’auro!
Appena arrivino i barbari
Li vogliono abbagliare
E i retori famosi come mai
Non vengono coi soliti sermoni
A infinocchiarci?
Abbiamo i barbari dentro casa
Scrosci d’eloquio, arringhe, li disgustano.
Beh, che succede adesso?
Un trambusto, uno sbigottimento,
Facce crollate…
Strade e piazze di colpo svuotate
La gente chiusa in casa, per riaversi
Vien notte.
Barbari niente. Dal confine
Qualcuno è accorso per avvertirci:
Di barbari neanche l’ombra!
Ahi! Ahi! Ahi! Sciagura a noi!
Ci hanno lasciati
Orfani i barbari – e noi riponevamo
In loro ogni speranza
Di soluzione delle nostre grane.
[1904]
TORNA
Torna, prendimi spesso, amato spasimo,
Torna quando del corpo la memoria
Si ralluma, in quegli istanti prendimi:
Quando riagita il sangue le remote
Sue voglie e a labbra e carne si agglutinano
I ricordi, e sulle mani ancora
La sensazione del toccare infuria.
Torna più volte, prendimi di notte,
Tutta la carne nel ricordo tendimi.
[1912]
LAMPADARIO
Camera misera, soffocata. Quattro pareti nude
Tappezzate di verde.
Là si consuma nella sua fiamma
Un Lampadario bellissimo.
Ogni bagliore è vampa di passioni
Dannate, un guizzo di sensi arsi.
Nello stambugio che si arroventa
Dei barbagli d’incendio della Lumiera
Tanta luce è miracolosa.
Non è da corpi pavidi
Godere splendidamente
Nel bruciarsi.
[1914]
DALLE NOVE
Dodici e mezza. L’ora è trascorsa in fretta.
La mia lampada è accesa dalle nove.
E siedo qui, senza leggere, né una
parola dire. Con chi
In una casa tutta solitudine
Parlare?
Il simulacro del corpo mio
Nel suo fiorire, alla lampada è venuto
Quando alle nove l’ho accesa
E mi ha cercato. Le profumate
camere chiuse mi ha rievocato
Dove indicibili audacie
Del godimento passarono;
E strade che oggi più non riconosco
Ritrovi gremiti ed eccitati non più esistenti
I teatri e i caffè di un tempo
Mi ha negli occhi riacceso
Il simulacro del corpo mio
Nel suo fiorire, è venuto qui,
Di memorie luttuose mi ha coperto:
Le morti dentro casa, le vite perse,
Gli affetti dei miei cari, i sentimenti
Dei morti, che mai ebbero
Un qualche peso
Dodici e mezza. Le ore come passano.
Dodici e mezza. Quanto passare d’anni.
[1918]
SOLE NEL POMERIGGIO
Oh! Io l’ho ben conosciuta
Questa camera.
Uffici commerciali
In quella accanto, e in questa,
Presentemente. Affittata tutta
La casa ad agenzie di mediatori,
S.p.A., importatori…
Come mi è dentro ancora,
Questa camera!
Il canapè era qui, presso la porta;
Davanti c’era un hali, un tappeto turco,
Sul vicino scaffale due vasi gialli.
E a destra (o era di fronte?) armadio
a specchio.
Al centro il tavolo dove scriveva,
Tre grandi sedie di giunco.
Il letto era vicino alla finestra
E là ci siamo tante volte amati.
Miseri arredi, dove mai sarete?
Il letto era vicino alla finestra,
Il sole del meriggio obliquamente
Posava là.
Quattro del pomeriggio. Ci dicemmo
Per una sola settimana addio…
E non finì mai più la settimana.
[1919]
PERCHE’ TORNINO
Mi basta una candela. Il suo lume gracile
Meglio propizia, con più pietà, l’incontro
Coi fantasmi, che tornano, d’amore
Mi basta una candela. Mia camera, stasera
Rimani semibuia. Mi voglio perdere
Nell’Indeterminato e nella Suggestione,
E in quest’alito minimo di luce
Attirare visioni
Di fantasmi, che tornano, d’amore.
[1920]
IMMUTATO SPAZIO
Casa e dintorni: i caffè, il quartiere
Anno per anno giro là, li vedo
Ne sono io il Demiurgo:
Tra gioia e pena
Ho creato quei casi, quegli oggetti
E per me tutto questo è diventato
Anima
[1929]
Sono bellissime! Pensa che possiedo anch’io questo libro e devo anche averlo letto, e sicuramente devo – per forza – essere stata colpita da tanta bellezza, Ora, leggendo qui da te questi versi, ne sono confortata e intristita. Confortata per il potere che la grande poesia possiede di rompere la scorza della banalità, di colpire, affondare e resuscitare. Intristita per la mia ottusa dimenticanza. Quindi, grazie, dal profondo. Anna
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Le tue parole, nel riconoscere la bellezza della poesia, di questa poesia – ritrovandola e ritrovandosi – sono esse stesse poesia. Grazie. Raffaele
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“Mi basta una candela. Mia camera, stasera
Rimani semibuia. Mi voglio perdere
Nell’Indeterminato e nella Suggestione”
Sono molto sensibile all’Indeterminato e alla Suggestione e una fan del lume di candela (i fantasmi d’amore mi lasciano invece piuttosto freddina). Di queste poesie mi piace soprattutto la trasformazione di oggetti banali o brutti in contenitori di significato:
“Ne sono io il Demiurgo:
Tra gioia e pena
Ho creato quei casi, quegli oggetti
E per me tutto questo è diventato
Anima” (Ma anche “Sole nel pomeriggio”)
Di questo poeta conoscevo soltanto “Aspettando i barbari” (era nella mia antologia delle medie, una bellissima antologia, così non le fanno più). Mi sembra che la traduzione di Ceronetti attenui in generale il tono aulico e faccia emergere maggiormente la concretezza di vita/poesia.
Ciao e grazie dell’occasione di confronto!
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Ho scoperto Kavafis a seguito della lettura di “Aspettando i barbari” di Coetzee, essendosi Coetzee esplicitamente e dichiaratamente ispirato all’omonima poesia di Kavafis.
Poi, un giorno, mentre ero in giro – avevo appena terminato la lettura del libro di Coetzee – trovo, senza volere, questa raccolta di poesie di Kavafis, tra cui, ovviamente, “Aspettando i barbari” che, da sola, è una perla di senso e di ironia che si riverbera fino ai nostri giorni. Mi è sembrato proprio un segno del destino
E così mi si è dischiuso il mondo di questo poeta che non conoscevo. Un mondo di una grande intensità e sensitività. Dove corpo e anima si fondono e vivono all’unisono, dove carne e sangue, sensi e spirito pulsano e premono insieme. Ma tutto reso delicato e sospeso da quel senso di ricordo, di nostalgia che si deposita nei versi di Kavafis e ammanta quei ricordi e quella nostalgia di malinconia per le cose perdute ma anche di inalterata bellezza per le cose amate e che si continuano ad amare.
Se è vero che tutto muore in queste poesie è anche vero che tutto vive, nella purezza del sentimento e nell’essenza dei significati.
E ai momenti e alle cose vissute Kavafis restituisce e dona la loro poesia proprio facendone oggetto della sua poesia.
E nel “lume gracile” di quella candela riluce una splendente e segreta bellezza.
Grazie Elena della visita e delle suggestioni.
Un carissimo ciao
Raffaele
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Altra pietra angolare della letteratura. Ottimi gusti☀️
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Grandissima poesia, concordo.
Grazie, anche i tuoi visto ciò che apprezzi.
Ciao
Raffaele
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