“Mendel dei libri” – Stefan Zweig

“Mendel dei libri” è un racconto brevissimo ma di squisita intensità in cui Stefan Zweig inventa un personaggio che chiunque ami i libri e la lettura vorrebbe esistesse ed amerebbe poter incontrare. Perché Jakob Mendel è un catalogo vivente. Egli infatti conosce pressoché tutti i libri che sono stati pubblicati e basta sottoporgli l’argomento a cui si è interessati ed egli sarà in grado di dirvi tutti i titoli esistenti su quell’ argomento e i relativi estremi di ciascun titolo.

Ovviamente Mendel non ha letto tutti questi libri, però li conosce tutti, sa dove trovarli ed è in grado di procurarli.Ma Mendel non è solo dotato di una straordinaria memoria che lo rende già di per sé fuori dal comune, egli è assai più di questo è un uomo che vive per i libri e con i libri e per il quale i libri e la vita si identificano.Mendel conduce infatti la sua vita in pianta stabile al caffè Gluck di Vienna, dove seduto al suo tavolo trascorre lì tutto il suo tempo a leggere e a ricevere coloro che a lui si rivolgono per trovare i libri che cercano. Tutto il resto a Mendel non interessa, quello è il suo mondo e in quel mondo egli vive.

Quel “piccolo grinzoso ebreo galiziano” può sembrare a prima vista burbero e scontroso, ma quando gli si chiede di un libro il suo atteggiamento muta, il suo sguardo si trasforma e i libri che elenca sembrano letteralmente balenare di fronte ai suoi occhi. Ma quel luccichio negli occhi di Mendel esprime tutta la passione, l’amore e la bellezza che i libri gli suscitano e che trasmette ai suoi stupiti interlocutori.

“Mendel dei libri” è quindi, prima di tutto, un omaggio di Zweig alla parola scritta e alla cultura che per trasmettersi e diffondersi hanno bisogno di quella cosa straordinaria e immortale che sono i libri i quali “si fanno solo per legarsi agli uomini al di là del nostro breve respiro e per difendersi così dall’ inesorabile avversario di ogni vita: la caducità e  l’oblio”. In questo senso Mendel è un custode, quasi un sacerdote dei libri perché egli “non li leggeva alla ricerca del loro significato, del contenuto spirituale e narrativo: solo il titolo, il prezzo, la veste editoriale, il frontespizio muovevano la sua passione”. Né a Mendel interessava il danaro, né tanto meno i risvolti commerciali della sua attività di rivendita di libri, della quale peraltro non aveva neanche la concessione.

L’unico e segreto piacere di Mendel era quella sua smisurata conoscenza dei libri esistenti che lo rendeva particolare ed esclusivo, fonte di ammirazione per chi a lui si rivolgeva. Ma in questa sua capacità rivelava una qualità comune solo agli artisti, agli studiosi e ai saggi cioè quella concentrazione assoluta in cui ci si isola come in preda ad una possessione che eleva Mendel ad una dimensione pura e totale che si nutre di meditazione e astrazione.

La figura di Mendel assume quindi anche una sua altezza morale che lo rende estraneo e superiore alla prosaicità e alle insensatezze del mondo. Ma del tutto indifeso di fronte ad esse è proprio di esse che finirà vittima, essendo la sua “diversità” incompresa e inaccettabile. Si scoprirà infatti che Mendel non aveva mai preso la cittadinanza austriaca, pur vivendo lì da 33 anni, ma aveva ancora quella russa, essendo lì che era nato. E questo perché a Mendel non gli era sembrato importante farlo, a lui non serviva. Ma siamo “in piena guerra, alla fine del 1915” e c’è un russo che si aggira per Vienna così, senza documenti, come se niente fosse e chissà, forse è pure una spia: inammissibile. Mendel verrà internato in un campo per prigionieri civili russi per più di due anni, ma quando uscirà non sarà più lo stesso.

Fatto rientro a Vienna e ripreso il suo posto al caffè Gluck, Mendel però non appare più presente a se stesso. Vissuto come un peso morto, considerato come un reietto dal nuovo gestore del caffè Gluck, per il quale Mendel è poco più che un estraneo, verrà allontanato da lì definitivamente. Solo, ridotto in povertà ed ammalato, Mendel andrà inesorabile incontro alla morte che avverrà dopo un ultimo disperato tentativo di sedersi ancora una volta al suo tavolo.

Ma la morte di Mendel oltre che la sua fine, simbolizza anche la fine di un mondo. Un mondo in cui si credeva all’ unicità e al valore delle cose e a cui si era ormai sostituito il dilagare del conformismo e di un becero materialismo e, di cui, Zweig, non a caso autore di quel “Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo”, incentrato su questi aspetti, fu uno degli ultimi strenui difensori. In altre parole, come scrive Zweig, la parabola di Mendel ci dice che “Mendel non era più Mendel come il mondo non era più il mondo”.

Una risposta a "“Mendel dei libri” – Stefan Zweig"

  1. viducoli 1 febbraio 2017 / 17:02

    Non ho ancora letto questa novella di Zweig, ma vengo da Novella degli scacchi e >i>Il mondo di ieri, di cui se ti interessa potrai trovare le recensioni sul mio blog. Devo dire che rispetto a Zweig ho sentimenti ambivalenti, e che lo considero tutto sommato un intellettuale inadeguato ad interpretare veramente i suoi tempi. Leggerò Mendel, che mi pare confermi il potere salvifico che Zweig attribuiva alla cultura, potere clamorosamente smentito dalla Storia in cui visse.

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