C’è nelle poesie della Szymborska (S.) un senso costante di smarrimento. Non è però uno smarrimento impotente e tragico, né romantico o trasognato. E’ al contrario uno smarrimento lucido e consapevole di chi percepisce e intuisce l’immensità di cui facciamo parte e della quale cerchiamo vanamente e illusoriamente di impossessarci, laddove la S. coglie al contrario il mistero irrisolto e irresolubile di tale immensità, da cui la duplice valenza che suscita in lei:
“Miei segni particolari:
incanto e disperazione”.
( Da “Il cielo”)
L’incanto per tutto ciò che ci circonda e di cui non ci rendiamo mai abbastanza conto:
“Sopra di me una farfalla bianca sbatte nell’aria
ali che sono solamente sue,
e sulle mani mi vola un’ombra,
non un’altra, non di altri, solo sua.
A tale vista mi abbandona sempre la certezza
che ciò che è importante
sia più importante di ciò che non lo è”
(Da: “Non occorre titolo”)
E quest’incanto è nella S. inesausto e inesauribile, essendo la vita stessa, in tutte le sue forme un mistero, anzi un miracolo a cui non abbiamo accesso e che si svolge nonostante noi, indipendentemente da noi:
“Un miracolo – e come chiamarlo altrimenti:
oggi il sole è sorto alle 3.14
e tramonterà alle 20.01.
Un miracolo che non stupisce quanto dovrebbe:
la mano ha in verità meno di sei dita.
però più di quattro.
Un miracolo, basta guardarsi intorno:
il mondo onnipresente”
(Da: “La fiera dei miracoli”)
Ma lungi dall’ avere un atteggiamento contemplativo e di mero stupore nei confronti della vita e dell’esistenza la S. coglie e manifesta tutte le inquietudini che dalla vita stessa promanano, quella “disperazione” per tutto ciò che ci sfugge o che non riusciamo a comprendere o peggio ancora che provochiamo noi stessi.
Dal senso dell’ignoto del mondo in cui viviamo:
“E’ una gran fortuna
non sapere esattamente
in che mondo si vive.
Bisognerebbe
esistere molto a lungo,
decisamente più a lungo
del mondo stesso.
Conoscere altri mondi,
non fosse che per un confronto”
(Da: “E’ una gran fortuna”)
al destino inevitabile che ci attende:
“Nulla è in regalo, tutto è in prestito.
Sono indebitata fino al collo.
Sarò costretta a pagare per me
con me stessa,
a rendere la vita in cambio della vita.
E’ così che è stabilito,
il cuore va reso
e il fegato va reso
e ogni singolo dito”
(Da: “Nulla è in regalo”)
alla sofferenza e al dolore che ci accompagnano da sempre:
“Nulla è cambiato.
Il corpo prova dolore,
deve mangiare e respirare e dormire,
ha la pelle sottile, e subito sotto – sangue”
(Da: “Torture”)
alle forme della sopraffazione:
“Guarda com’è sempre efficiente,
come si mantiene in forma
nel nostro secolo l’odio.
In ogni istante è pronto a nuovi compiti.
Se deve aspettare aspetterà.
Lo dicono cieco. Cieco?
Ha la vista acuta del cecchino
E guarda risoluto al futuro
– lui solo.
(Da: “L’odio”)
“Oh, come sono permeabili le frontiere umane!
Quante nuvole vi scorrono sopra impunemente,
quanta sabbia del deserto passa da un paese all’altro,
quanti ciotoli di montagna rotolano su terre altrui
con provocanti saltelli!
Solo ciò che è umano può essere davvero straniero.
Il resto è bosco misto, lavorio di talpa e vento”
(Da: “Salmo”)
Ma le cose scorrono, la vita scorre, il tempo scorre e noi siamo trascinati in questo flusso, senza essere veramente padroni neanche del ricordo di noi stessi:
“Una delle tante date
che non mi dicono più nulla.
Dove sono andata quel giorno,
che cosa ho fatto – non lo so.
Se lì vicino fosse stato commesso un delitto
– non avrei un alibi.
Mi sarebbe più lieve pensare
di essere morta per poco,
piuttosto che ammettere di non ricordare nulla
benchè sia vissuta senza interruzioni”
(Da: “Il 16 maggio 1973”)
e se ci si chiede se c’è un senso in ciò che accade, se c’è un inizio e una fine, la risposta è no.
“Come vivere? – mi ha scritto qualcuno
a cui io intendevo fare
la stessa domanda.
Da capo, e allo stesso modo di sempre,
come si è visto sopra,
non ci sono domande più pressanti
delle domande ingenue.”
(Da: “Scorcio di secolo”)
“Ogni inizio infatti
è solo un seguito
e il libro degli eventi
è sempre aperto a metà”
(Da: “Amore a prima vista”)
La morte incombe:
“Quando conversiamo del domani
intromette la sua ultima parola
a sproposito”
ma così come noi non siamo onnipotenti, neanche la morte lo è:
“Chi ne afferma l’onnipotenza
è lui stesso la prova vivente
che essa onnipotente non è
Non c’è vita
che almeno per un attimo
non sia immortale
La morte
è sempre in ritardo di quell’attimo.
(Da: “Sulla morte , senza esagerare”)
Le sfumature della Szymborska, che si irradiano dall’ unico colore del disincanto, lei le illumina con la sua consueta maestria e una scelta significativi di versi. Grazie.
La Nobel, è davvero insuperabile nella sua austera, lucida conoscenza dell’umano, magistralmente addolcita da una costante ironia che è un invito a se stessa e ai suoi lettori per considerare la vita una occasione irripetibile, unica per ognuno di noi, senza scorte, ricicli, seconde opzioni.
Poco fa ho inviato ad un’amica, nello scambio quotidiano di poesia, Labirinto. Con l’augurio, esteso a lei, di un buon fine settimana.
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La S. aveva in sé, ed è nelle sue poesie, un senso dello stupore che non aveva bisogno di emozioni forti ma nasceva nel quotidiano, in quanto riusciva a scorgere, in ciò che è ordinario, il prodigio.
Grazie per le sue sempre gentilissime parole.
Buon fine settimana anche a lei.
Raffaele
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Il prodigio dell’ordinario…
Mi permetto di suggerirle di Wislawa “Intervista ad un bambino”.
Di nuovo, la mia gratitudine
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