Lidija Čukovskaja (1907 – 1996) era “…figlia dello scrittore Kornei Čukovskij…uno degli scrittori per l’infanzia più amato dai nostri bambini, nonché eccellente critico e storico letterario…La sua casa…(nei dintorni di Pietroburgo) era il luogo in cui affluiva tutto ciò che di meglio v’era, nella Russia prerivoluzionaria, in letteratura ed in arte. Blok, Gorki, Andreiev, Maiakovski, Meyerhold, Repin…Non si riesce ad elencarli tutti. E tutti vedeva, tutti conosceva l’ancor piccola allora Lidija Čukovskaja. Piccola, ma in grado già di assorbire tutto ciò che la circondava. E forse appunto per questo, per essere stata attorniata in gioventù da uomini simili, ella ha saputo serbare e portare con sé, attraverso la propria vita, tutto ciò che di bello ha dato al mondo la letteratura russa dell’ultimo secolo – la probità, la nobiltà, la franchezza, il coraggio e – sempre – il soffrire per gli altri. E tutto ciò in nome della Verità, che è così difficile da servire, ai giorni nostri, soprattutto nel nostro Paese. E Lidija Čukovskaja è stata uno dei primi combattenti per questa Verità, un combattente senza macchia e senza paura” (1)
Lev Tolstoj
“Racconti d’amore” – Ivan Bunin
D. “Serena Vitale, lei ha scritto che Bunin è stato “l’ultimo classico”; spesso la critica ne ha accostato il nome a quello dei grandi autori russi, Čechov su tutti. Ci potrebbe spiegare la sua definizione ed il rapporto dell’autore con quella grande tradizione letteraria?”
R. “Classici, secondo la famosa definizione di Italo Calvino, sono i libri che non finiscono mai di dire quel che hanno da dire… Di più: ostile al modernismo, Bunin era orgoglioso di scrivere nel solco della grande tradizione ottocentesca del suo paese – da Tolstoj a Čechov, appunto.”
(Da un’intervista a Serena Vitale apparsa sul sito “raicultura.it” nel luglio 2020)