“Il leone non mangia la vera vergine” – Jonathan Swift

In “Il canone occidentale” Harold Bloom accennando di sfuggita a Jonathan Swift, (Dublino 1667 – 1745), a proposito della sua ironia dice: la “…ferocia dell’ironia di Swift, che è un corrosivo universale…” E, in effetti, alla luce della lettura dei testi di Swift contenuti in questo esile libretto, il cui titolo coincide con il primo dei 6 fra racconti e dissertazioni in esso riportati, si resta colpiti dalla radicalità dell’ironia di Swift che talora rasenta il disumano e che, in generale, appare impietosa verso i suoi contemporanei e verso il genere umano nel suo insieme.

Ben lontano quindi dall’ immagine stereotipata di uno Swift puro costruttore di mondi fantastici e di realtà immaginarie, di cui i “Gulliver’s travels” sono l’espressione più nota ed elevata, emerge, al contrario, da questi testi, un perentorio dissacratore sia della società umana che della natura umana, in relazione alla quale, a titolo di esempio, egli sprezzantemente afferma: “…e cos’è l’uomo se non una creatura all’incontrario? Le sue facoltà animali perennemente sopravvanzano il suo intelletto; i suoi calcagni si trovano dove dovrebbe trovarsi la testa, cioè a contatto col suolo.” ( Da “Meditazioni su un manico di scopa – Scritto nell’anno 1703” p.23)

Va in primo luogo pertanto puntualizzato come, alla luce di questi testi, sia compresente in Swift, questa duplice valenza di una critica sociale non disgiunta da una scettica visione, pessimistica e marcatamente utilitaristica, dell’agire umano, come per esempio quando afferma: “Ma ora, visto che l’interesse governa il mondo e gli uomini rifiutano gli ideali più elevati, Giove stesso, se venisse sulla Terra, verrebbe disprezzato tranne nel caso in cui apparisse, come fece con Danae, sotto forma di una pioggia d’oro. Perché gli uomini, oggigiorno, venerano solo il sole che sorge, e mai il sole che tramonta.” (Da “Saggio tritico sulle facoltà della mente” p. 30)

Ma lo Swift più feroce e corrosivo lo si ha quando egli adopera i mezzi propri dello scrittore e realizza delle “creazioni” in cui prendono forma delle realtà parallele. Vuoi come ne “Il leone non mangia la vera vergine”, utilizzando l’espediente del sogno, vuoi come in “Una modesta proposta” utilizzando la forma della disquisizione, in questo caso a sfondo grottescamente sociologico, demografico e culinario. In questi due brevi racconti Swift ci immette in situazioni paradossali e irrealistiche attraverso le quali lancia i suoi affondi contro quelli che sono i suoi veri obbiettivi, utilizzando uno spietato sarcasmo e una crudele satira.

L’effetto che se ne trae è il capovolgimento della morale. Swift infatti creando contesti assolutamente immorali dà però loro un senso e una giustificazione morale che li rende paradossalmente plausibili.In realtà, così facendo, ci mostra che la vera immoralità sta nella realtà così come essa è e ce ne disvela tutta la sua intrinseca ipocrisia e inumanità.
In altre parole è come se le folli invenzioni di Swift facessero, lì per lì, gridare allo scandalo, salvo poi  renderci conto che quelle sono e restano folli invenzioni, mentre la realtà di cui esse parlano esiste e come, e la sua crudezza e durezza è drammaticamente e concretamente vera, e che è quello il vero scandalo.

Ne “Il leone non mangia la vera vergine” Swift se la prende con le falsità della morale connessa al comune senso del pudore, attaccando, a prima vista, l’ipocrisia propria della natura umana femminile, immancabilmente propensa a mascherarsi e a camuffarsi con l’astuzia e con l’inganno e come, in tal senso, non ci sia modo di smascherarla se non ricorrendo all’ istinto animale, giacché gli istinti parlano assai più della ragione. Quella ragione umana che si ostina a tenere in piedi un apparato di inutili convenzioni morali per controllare gli istinti naturali dell’uomo, salvo poi che le prime vittime di tutto questo sono proprio le donne costrette da questa morale a nascondere in tutti i modi i propri istinti, e di conseguenza a sviluppare quelle loro strategie fatte di dissimulazione e di non detto, unica difesa a disposizione per conciliare piacere e dovere e non incorrere nella condanna morale collettiva.

Ma qui Swift è proprio spietato e fa vedere come il prezzo che le donne pagano per tutto questo è salatissimo giacché lo smascheramento, in questo caso delle finte vergini, è affidato ai leoni che, con un animalesco istinto “leonino”, non ne sbagliano una e si sbranano inesorabilmente tutte le finte vergini che gli vengono messe lì per stabilire se lo siano o meno. Il che la dice lunga sul destino feroce – qui ipersimbolizzato dalla metafora del leone carnefice – che la trasgressione morale comportava, ma in molti casi comporta anche adesso, per le donne, a fronte di regole sociali e di genere stabilite quasi sempre da altri, tanto più laddove si venga meno alla vecchia regola del tutti sanno, ma nessuno sa.
La vicenda immaginata da Swift è, nel suo parossismo, tragicamente divertente.

Egli immagina di essersi sognato che “da tempi immemorabili, ogni parrocchia possedeva un leone maschio a carico delle pubbliche casse…E prima dello sposalizio di qualsiasi appartenente al sesso debole, se questa affermava di essere vergine, doveva, indossando l’abito da sposa, entrare da sola nella fossa del leone, libero e preventivamente lasciato a digiuno da ventiquattr’ ore…Nessuna vergine era obbligata a offrirsi al leone, ma, se rifiutava, il matrimonio nasceva disgraziato perché tutti avevano facoltà di dubitare di lei e chiamarla eventualmente anche puttana….trascorsa la prova si poteva procedere sia a unire in matrimonio gli sposi felici, che seppellire i poveri resti della disgraziata che il leone non aveva riconosciuto come vergine, come in genere purtroppo succedeva.”

Swift, in sogno, se ne va in giro fra diverse parrocchie e se in una non si fanno più matrimoni perché le locali presunte vergini a scanso di finire sbranate dicono tutte di aver fatto voto di castità, da cui la perfida riflessione di Swift: “Questa abitudine di far voto di castità perché non si è più vergini mi risultò subito chiara. E il sogno mi suggerì che l’intero regno è pieno di monache rinchiuse in convento per la stessa ragione”, in un’altra trova invece il leone al lavoro. La prima malcapitata è sbranata senza indugio e a ragione giacché, ormai squartata, urlò: “…non sono una vera vergine…Ah, Saffo, Saffo!”. La seconda e la terza sono solo graffiate in quanto il leone stabilisce per una l’aver avuto solo atteggiamenti audaci e ciò perché “non se la mangiò; solo si girò dandole le spalle con molto disprezzo” e nell’ altra l’essere in fondo solo una civetta e ciò perché “girò il muso con aria nauseata e le diede una frustrata sul sedere con la coda”. La quarta invece finisce male, perché la poveretta, ingenuamente, si era illusa, ahimè, che la sua pelle l’avrebbe salvata: “Pazza sono stata a confidare nella durezza della mia pelle”.

Ma è nell’ ultima che Swift si supera perché la giovane è quanto di più casto vi sia al mondo: “Baciarla era impossibile, se non sulla punta di una lunga ciocca di capelli, e suo padre dovette sudare anima e corpo per convincerla a cenare senza guanti quando c’era un estraneo a tavola” quindi era impossibile che non fosse vergine e invece: “Il leone la osservò a distanza, e immediatamente fece il segno di morte. Allora la poveretta…fu presa da brividi di terrore tali che abortì davanti a noi tutti. Il leone… le diede il tempo di confessare i suoi peccati: era stato cinque mesi prima, col soprintendente del negozio di suo padre…e questo era il suo terzo aborto. Allora lo sposo, sconcertato, le chiese: “Ma allora perché ha accettato di sottoporsi alla prova?” “Perché – rispose la poveretta – l’infermiera mi aveva assicurato che il leone non avrebbe mai fatto del male a una donna incinta””

In “Una modesta proposta” che è sicuramente la “creazione” più estrema, Swift ipotizza e sviluppa l’idea che per porre rimedio alle diffuse e desolanti condizioni di povertà in cui sono costretti a vivere la stragrande maggioranza di bambini che venivano messi al mondo nella sua Irlanda occorresse procedere in questo modo. Raggiunto l’anno di età, esauritosi cioè l’allattamento, i bambini avrebbero dovuto essere venduti dalle relative madri e destinati ad appositi macelli. In altre parole la proposta di Swift verte sull’ idea di togliere alle madri e alla società il peso di tenersi tra i piedi tutti questi bambini laceri e affamati, nonché di evitare loro stenti e sofferenze e trasformarli in succulento e tenero cibo per le mense di benestanti e latifondisti, i quali da affamatori di quei bambini – tenendo essi sottomesse in condizioni disumane le loro famiglie – si trasformavano, in tal modo, in loro consumatori, salvo riconoscere alle relative madri un prezzo per ogni bambino macellato e quindi alleviare così le loro condizioni di vita con un’entrata certa.

Perché “un bambino (o una bambina) in buona salute e ben curato è, a un anno di età, assolutamente delizioso, sano e nutriente, sia esso consumato arrostito, bollito, fritto o fatto in umido. E, personalmente, non dubito della sua prelibatezza anche in fricassea o nel ragù” Dietro l’apparente mostruosità di tale dissolutezza Swift tira un pugno nello stomaco a chi fintamente si duole del problema e a chi ne è la causa e ne denuncia nel contempo la gravità.

La disquisizione procede accurata e scrupolosa ed insieme grottesca e macabra, per evidenziare tutta una serie di vantaggi collaterali di questa soluzione antropofaga, con cui ancor più sottilmente Swift attacca “dall’ interno” le logiche utilitaristiche, le emergenti leggi di mercato, i soprusi connessi ai diritti di appropriazione. E, massima ironia, nel finale per allontanare da sé qualsiasi sospetto di un possibile conflitto di interessi ci comunica che la moglie non è più in età fertile e quindi lui, Swift, di bambini da vendere e cucinare non ne ha e non ne avrà.

Una risposta a "“Il leone non mangia la vera vergine” – Jonathan Swift"

  1. viducoli 2 febbraio 2017 / 16:54

    Ma anche Tu hai quel piccolo libretto La Spiga – Meravigli?
    Se si, facciamo parte di un ristrettissimo club.
    Meraviglioso Swift: secondo me la sua proposta verrà presto riformulata, comprendendo i pensionati nei paesi evoluti, da qualche economista neoliberista.

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