“Da quando sono nato” – Maurizio Salabelle – Seconda parte

Patrizio Rhuggi, il protagonista di “Da quando sono nato”, nasce in un brutto momento, potremmo dire già nel segno della sfiga. Infatti il giorno in cui nasce il padre aveva appena dovuto chiudere definitivamente i suoi negozi di accessori a causa della perdita del portafogli. Che, detto così, sembra un bel po’ sproporzionato ma non ci si deve sorprendere perché qui le sproporzioni, le esagerazioni, le iperboli impazzano. Basti dire che veniamo messi pure al corrente che i Rhuggi, a quell’ epoca, abitavano a novecento chilometri dal capoluogo che, in effetti, è una distanza un bel po’ siderale da un capoluogo. Ma la perdita di quel portafogli fu davvero per il padre di Patrizio una disgrazia seria perché significò la perdita di quell’ “…affare fondamentale” che lo farà piombare di colpo nel fallimento. Il quale, cioè il fallimento, fin dall’ inizio della storia fa dunque la sua apparizione.

Dentro quel portafogli il papà di Patrizio aveva riposto infatti il fatidico contratto che acclarava che egli “…aveva pagato un’ enorme somma per estinguere un debito…e che da allora in poi non doveva più nulla a chicchessia”. Ma il giorno della firma il papà di Patrizio non trova né troverà più il portafogli con il contratto e siccome “… una clausola microscopica scritta proprio sul bordo del documento” prevedeva che se il contratto fosse andato perduto era “come se non fosse mai stato stipulato” ne conseguiva che i due milioni versati dal papà di Patrizio non risultavano più versati e per riavere un nuovo contratto doveva versare una somma identica cioè altri due milioni. Quello che di solito è uno sgradevole incidente: perdere un portafogli, qui si trasforma in una tragedia dai risvolti kafkiani che Salabelle intesse con i toni del comico e del surreale – sono infatti innumerevoli i dettagli sardonici e beffardi che intercala nella narrazione – una tragedia dunque nella quale il papà di Patrizio finirà ingabbiato e da essa sopraffatto: “<<Una somma identica?>> domandò Rhuggi con un lungo rantolo. <<E come faccio?>>. I pochi capelli che aveva in testa gli diventarono all’improvviso grigi fuliggine”

Ma qui oltre a quello del fallimento abbiamo anche un altro leitmotiv di “Da quando sono nato”, anzi il vero e proprio leitmotiv del romanzo, cioè l’imprevisto e l’imprevedibile che alterano la realtà delle cose e ne indirizzano gli esiti. L’ imponderabilità e la banalità con cui il caso si intromette nel corso delle cose sarà una costante del romanzo e di conseguenza della vita di Patrizio Rhuggi. E contro gli imprevisti e il caso Patrizio condurrà una sua personale lotta che diverrà il centro e lo scopo della sua vita, una lotta che lo porterà prima dalle stalle alle stelle e poi dalle stelle alle stalle. In un passare quindi dall’ insuccesso al successo e, da questi, al fallimento.

La vita di Patrizio nei suoi primi anni è contrassegnata dai comportamenti e dalle abitudini strampalate dei suoi genitori. Il padre, dopo la cessione dei suoi negozi avvenuta giusto la sera prima che Patrizio venisse al mondo, rimedia un lavoro in una fabbrica di occhiali e, ogni sera, rientrava con svariati occhiali “che la ditta sapeva di non poter smerciare e che venivano offerti al signor Rhuggi come parziale compenso per il suo lavoro”. Da ciò conseguiva che “In casa c’erano occhiali per tutti i gusti e per tutti i disturbi visivi esistenti al mondo” che il padre di Patrizio, pur non avendo alcun difetto visivo, inforcava a rotazione tutti i giorni, senza un preciso motivo ma fierissimo di ciò. Al punto che Patrizio trascorse tutta la sua infanzia senza certezze sull’effettiva fisionomia di suo padre dato che “…questo padre ogni giorno assumeva un aspetto di diverso genere”.

Patrizio si trova quindi a convivere con la mancanza di una visione chiara e nitida delle cose e con un senso di incertezza e di approssimazione su ciò che lo circonda. A questo contribuirà anche la mamma che dopo pranzo usava portare Patrizio a fare una passeggiata, la cui durata e il cui tragitto erano però “…determinati soltanto dal puro caso”. Infatti la signora Rhuggi estraeva dalla tasca una moneta e, in base alla figura che veniva decideva dove andare: “…si dirigeva a destra se veniva croce, a sinistra in caso contrario”. E procedeva in questo modo ogni volta che incontrava un incrocio. Così facendo però poteva accadere che “Certe volte i lanci della moneta davano solamente la figura <<croce>> e bisognava perciò girare sempre a destra [per cui]…facevano in questi casi una camminata intorno al loro palazzo, e dopo…essersi trovati di nuovo davanti al portone ritornavano di malvoglia nell’appartamento. Altri giorni succedeva invece che si perdessero per la città e rincasassero solamente il pomeriggio tardi.”

Oltre ai genitori un’altra figura, presente nell’infanzia di Patrizio, è lo zio Bindano: “La domenica arrivava sempre un fratello del babbo che si tratteneva a casa loro dalla mattina alle nove fino a poco dopo l’ora di pranzo…si chiamava Bindano Ugo”. In un contesto tendenzialmente demenziale e caotico quale quello in cui vivono i Rhuggi lo zio Bindano è portatore invece di un rituale iperrigoroso dovuto all’assunzione, prima del pranzo, di una sequenza di 11 pastiglie che disponeva sul tavolo in un ben preciso ordine e poi ingurgitava seguendo immancabilmente quel preciso ordine. Perché se solo una di quelle pastiglie fosse stata malaugaratamente assunta seguendo una sequenza diversa da quella giusta ciò avrebbe avuto come esito la morte immediata dello zio a causa della “reazione a catena” che si sarebbe verificata, come dirà, anzi urlerà, a Patrizio, con fare alterato, durante uno di quei pranzi, la madre, impugnando un forchettone da spaghetti e brandendolo nervosamente.

Abbiamo così il prodursi di un gesto, l’assunzione delle pastiglie dello zio, che esclude, anzi aborrisce, il caso. Una sorta di estremizzazione di una razionalità assoluta che non ammette distrazioni. Come se la razionalità fosse un cilicio che imprigiona e solo in tale modalità le fosse concesso di esistere. Una razionalità insomma terrorizzante tanto che il povero Patrizio stava “…ben attento a non parlare e a non compiere gesti improvvisi quando Bindano era seduto a tavola e si stava preparando a prendere le medicine…Aveva paura che un suo movimento potesse far distrarre quest’uomo, indurlo a inghiottire una pastiglia in un ordine diverso da quello giusto e condurlo alla morte tra dolori atroci”. Ma, per fortuna, “…lo zio Bindano non sbagliava mai combinazione, raccontava sempre barzellette e non faceva che ridere divincolandosi”.

Ma un altro tipo di razionalità si appalesa a Patrizio, anzi scopre di essere lui in persona a possederla. Ma non è una razionalità che ha in sé una spiegazione e un senso bensì, al contrario, è del tutto irrazionale, è la classica dote innata. “Fu quando frequentava la seconda elementare che Patrizio iniziò a manifestare una capacità insolita che perdette solamente a 19 anni”. Patrizio scopre infatti a scuola, durante un’ esercitazione allestita dal “suo maestro Giuseppe Prezzi”, che egli era capace di misurare la lunghezza delle cose solo vedendole, senza bisogno di alcun strumento e senza fare alcun tipo di sforzo. Insomma una capacità stupefacente che rendeva lo stesso Patrizio stupefatto e lasciava il maestro livido di rabbia: “Ogni volta che finiva l’operazione guardava la faccia di Giuseppe Prezzi, sorrideva debolmente quasi avesse commesso un grave reato…Pareva lui stesso stupefatto ma non comprendeva la rabbia dell’insegnate”. Tuttavia, “Nel giro di qualche settimana diventò famoso in tutto l’Istituto…e quando in casa c’era qualcosa che aveva necessità d’esser misurata…veniva mostrata subito a Patrizio che ne comunicava preciso le dimensioni.”

Ma quando questa sua capacità avrebbe potuto avere una sua piena consacrazione l’imprevisto e l’imprevedibile ritorneranno inesorabili in scena, facendo svanire il realizzarsi di quella consacrazione. Il giorno fatidico in cui ciò sarebbe dovuto avvenire al papà di Patrizio accadde infatti un penoso incidente “che lo immobilizzò in una poltrona per mesi.” Patrizio e il padre si stavano recando allo spettacolo del “Mago Metro” un affermato prestigiatore da poco giunto in città dotato anch’egli delle stesse “proprietà misuranti” di Patrizio. E sia egli che il padre si erano figurati, finito lo spettacolo, di rivelare al mago e al pubblico le sue capacità. A quel punto certamente, secondo loro, “il mago Metro si sarebbe congratulato col ragazzo, gli avrebbe consegnato un grosso assegno…e gli avrebbe offerto un contratto di collaborazione.”

Ma purtroppo il papà di Patrizio a pochi passi dal tendone del mago cadde rovinosamente da un marciapiede, peraltro a lui molto familiare: “… sopra il quale era passato settecento volte”, procurandosi dei bei guai: <<Mi devo essere fratturato tutte e due le caviglie,….bisogna chiamare l’ambulanza e la macchina dei vigli urbani>> dirà a Patrizio chino su di lui. E quindi per il mago e per tutto il resto non ci fu più niente da fare: “Patrizio dovette dimenticare l’ illusionista, le sue speranze di notorietà e di una carriera al fianco di Metro e la possibilità di un assegno tutto per s’è.” E così, per la prima volta, Patrizio sperimenterà quell’odioso destino che si frapporrà fra lui e il successo sebbene, in questo caso, solo presunto e ipotetico.

Ma proprio dal giorno dell’infortunio del padre le capacità di misurazione di Patrizio cominciarono a indebolirsi: “I suoi errori di misurazione avevano cominciato ad essere gravi…[e] a sedici anni cominciò a commettere errori imperdonabili”. Tuttavia numeri e conteggi continuano ad essere presenti nella vita di Patrizio come quando lui e il suo amico Granuli, con cui vagabonda per la città, ascoltano, in un bar, direttamente dalla viva voce del cosiddetto <<super fumatore>> la minuziosa e dettagliatissima descrizione delle quantità, oltre che dei momenti e dei luoghi, in cui egli si fumava, ogni giorno, le sue “Trecentoventotto” sigarette. E allorché uno degli astanti, esterrefatto, chiede al “super fumatore”: “Come fai a trovare il tempo”, egli, imperturbabile, gli sciorinerà la sequela e la sequenza del dove e del quando si fumava giornalmente quelle centinaia di sigarette, conteggiandole puntualmente. Una roba da pazzi la cui descrizione è, nella sua accuratezza, talmente folle che non si riesce neanche a starci dietro.

Il far di conto e i conteggi, i numeri e le cifre da qui in poi cominciano ad assumere risvolti pazzoidi e assurdi, diventando essi, i numeri, che dovrebbero essere la cosa più razionale del mondo, una cosa via via sempre più incontrollata e incontrollabile, arbitraria e relativa, oggetto di “soluzioni” tanto creative quanto inverosimili. Come quando lo zio Bindano farà togliere “quattordici zeri” dall’enorme cifra che il padre di Patrizio aveva scoperto di dover pagare a un fornitore con cui, ai tempi, aveva “contratto un debito di 99 centesimi”, ma dato che quest’ultimo, arbitrariamente, aveva applicato degli “interessi fuorilegge,…la cifra era diventata 10 alla sedicesima volte più alta”. Ma lo zio Ugo salverà i Rhuggi dalla rovina con quell’azzeramento sbrigativo e inspiegabile. Presentatosi dopo un mese da quando era stato fatto partecipe di quella vicenda a casa dei Rhuggi, i quali vivevano ormai immersi in una cupa disperazione, darà loro quella liberatoria notizia: <<Sono riuscito a risolvere la questione,>> urlò restandosene sulla soglia. <<Ho fatto togliere quattordici zeri alla somma che dovete alla ditta. Adesso>> fece <<è diventata una cifra simbolica; un qualcosa di irrisorio che potete pagare alla posta>>. Consegnò una cedola al fratello e se ne andò veloce come era apparso.”

E il delirio numerologico assumerà nel romanzo e nella vita di Patrizio un risvolto via via sempre più classificatorio/statistico, come a voler riportare cose e persone dentro schemi e all’interno di un ordine che ne permetta il controllo, eliminando il disordine determinato dall’imprevisto e dall’imprevedibile. Con esiti tanto più complessi quanto più essi saranno assurdi e rocamboleschi. Lungo una sorta di progressivo perfezionamento che, al suo massimo grado, si prefiggerà di determinare lo svolgersi degli eventi, predicendoli. Il primo stadio che Patrizio sperimenterà sarà quello dello studio “sistematico” delle persone e dei loro comportamenti.

Conseguito il diploma di maturità scientifica, nonostante che, avendo sempre studiato assai poco, “era rimasto ignorante nell’intero scibile” e nonostante che, durante la prova di maturità, non avesse scritto “una sola riga…[e] il suo sguardo rimase fisso molte ore su una cartina del Congo attaccata al muro”, Patrizio inizia uno snervante periodo di abulia, altamente depressivo, perché “Quando si ritrovò…alla considerevole età di 19 anni, si rese conto con stupore che avrebbe voluto invece rimanere piccolo”. Resosi avulso anche dalla vita familiare, “Non partecipava mai ai pranzi familiari né accettava cibo che non fosse brodo” così, secondo lui, da rallentare lo sviluppo, accadeva ormai che la madre lo incontrasse “… soltanto per caso in corridoio”.

Patrizio viene ridestato da questo torpore in cui è piombato quando casualmente legge della pubblicazione di “un enorme libro. Si intitolava Le persone e constava di 4.060 pagine”. Nel quale l’autore aveva riportato i risultati di un suo “studio inedito” con cui niente po’ po’ di meno si era prefisso di descrivere “i vari tipi di esseri umani esistenti al mondo”, sulla base di “973.000 persone prese in esame” di cui in appendice aveva riportato “…nominativo esatto, età, professione e indirizzo”. Ed è così che “A Patrizio venne subito in mente di scrivere un trattato sulla falsariga de Le persone”. Messosi in mezzo alla strada con un grosso blocco comincia a segnarsi tutto quello che gli riusciva delle persone che gli passavano di fronte: “Per molte ore osservò le persone che transitavano davanti alla sua postazione o che si fermavano lì a chiacchierare, e…Data la mole di osservazioni che annotava ed il grande viavai in quella via centrale, dovette procedere velocissimo e senza mai staccare dal foglio la penna a biro” Si dà il caso che però neanche a lui era chiaro a che cosa potesse servire tutto ciò: “In continuazione pensava a ciò che aveva scritto e a che cosa potevano servire quelle sue note, ma non gli veniva in mente nulla”.

Sta di fatto che una cosa di sicuro ottenne: “In poco tempo diventò in tutta la città una specie di zimbello familiare a tutti”. Perso dietro il suo compendio e diventato particolarmente lercio e con la barba incolta, Patrizio è ormai un estraneo ai suoi stessi genitori: ”Dopo dieci mesi che Patrizio conduceva quella vita priva di senso, [i genitori] cominciarono a rivolgergli la parola adoperando sempre il pronome <<lei>>. Avevano l’impressione che questo figlio non avesse più nulla in comune con loro ,…ed abitasse in casa per errore…aveva già più di 21 anni e lavorava a Le persone da un tempo enorme”.

Spinto anche dalle minacce paterne che prefiguravano un massacro – “<<Attilio ha deciso che se entro sei mesi a partire da lunedì Lei non avrà trovato un’occupazione, farà una follia delle più terribili>>”, gli disse un giorno la madre incontrandolo nel corridoio. “<<Ucciderà me e Lei>> spiegò la donna <<e poi si suiciderà>>” – Patrizio troverà finalmente un lavoro e metterà da parte quell’enorme congerie di appunti e foglietti da lui raccolti per la sua versione de Le persone. E, neanche a farlo apposta, il lavoro che troverà avrà anch’esso un risvolto “matematico”, sarà infatti assunto su due piedi dall’esercito a seguito di un’inserzione letta, peraltro, del tutto casualmente e involontariamente. Trattavasi di “…una ricerca consistente in un lavoro da matematico…qualcosa che ha a che vedere con la statistica”, dirà alla madre che lo guardava felicemente stupita, essendosi presentato a casa finalmente ripulito e sbarbato e indossando un’ elegante divisa, dopo aver ricevuto l’incarico ma senza ancora aver preso servizio.

In realtà “Il lavoro di Patrizio, come scoprì lui stesso la mattina dopo, consisteva nell’esaminare al microscopio i parassiti trovati sopra i cuscini, sulle divise che i soldati adoperavano per fare le guardie e sopra i loro corpi lavati male”. Ciò era tuttavia compensato da un lauto stipendio che diede finalmente a Patrizio la possibilità di uscire di casa: “Venti giorni dopo essere stato assunto trovò una stanza ammobiliata presso l’anziana affittacamere Giovanna Àrmadi”. Ma non contento di poter soddisfare in quel modo le sue smanie classificatorie un giorno: “…quando ormai lavorava presso la caserma da sedici mesi e tre giorni” propose al generale, suo superiore, di svolgere “…un suo complessissimo studio sui parassiti…Voglio iniziare uno studio sulle proprietà di certi parassiti…che ho catalogato”, dirà al generale, ottenendo, per tutta risposta, “<<No, non se ne parla neppure,…Gli studi da fare li decido io. Lei è pagato per classificare i parassiti che trova, non per fare ricerche pericolose.>>”. Stizzito e offeso “La stessa sera Patrizio compilò una lettera brevissima con la quale spiegava al generale che si licenziava per sempre dalla caserma”.

Giunto a quel punto della sua vita Patrizio si ritrova perciò ancora “in sospeso” rispetto a se stesso e al suo futuro, ma non se ne preoccupa più di tanto: “Benché avesse poco meno di venticinque anni, non si preoccupava per il futuro né si dava troppo da fare per il lavoro”. E si lascia anche alle spalle, senza farsene alcun problema, le esperienze “mancate” fatte fino a quel momento, indifferente al loro esito del tutto aleatorio, al punto da disfarsi senza remore di quanto restava di quelle esperienze: “Non pensava più agli appunti presi lavorando sui parassiti e quelli accumulati per Le persone erano stati da lui gettati nel water-closet”. Insomma gli scopi perseguiti da Patrizio erano stati sin qui contrassegnati dall’insuccesso, pur avendoli egli perseguiti convintamente, ed anche dall’assoluta casualità in relazione al come essi erano nati e maturati in lui.

Nel frattempo inizia una relazione con una ragazza conosciuta in caserma “…che come lui si era licenziata…In genere lei e Patrizio trascorrevano il pomeriggio in uno dei due cinema della città, guardando pellicole di spionaggio che facevano venire loro tremendi brividi. Le gambe sinuose della ragazza cominciavano a tremare già mentre scorrevano i primi titoli, e Patrizio ci posava subito una mano fingendo di non voler far altro che rassicurarla”. Insomma nel complesso un tran tran da sfaccendato che occuperà per un bel po’ la vita di Patrizio. Senonché un’ennesimo evento imprevisto e imprevedibile darà, alla sua vita, un’ulteriore svolta: “Dopo quasi un anno che Patrizio viveva in questo modo monotono, suo padre morì in una strana circostanza di cui parlarono per mesi tutti i giornali…Attilio Rhuggi e un suo collega Antonello Cupo erano infatti morti soffocati per mancanza d’aria nella camera da pranzo della loro fabbrica…[per effetto di] un fenomeno che pare accadere soltanto una volta ogni tre milioni d’anni…tutte le molecole d’aria della stanza sono finite sotto il tavolo, lasciando il resto del locale privo di quest’ elemento così prezioso. Le molecole sono rimaste “nascoste” per nove minuti, e quando hanno ripreso a vagare per il locale era ormai troppo tardi.”

E visto che, alla luce di tale evento, “non si può essere sicuri di nulla a questo mondo”, egli, toccato personalmente da quella vicenda, decide di mettere a punto un sistema in grado di prevedere gli avvenimenti, dando così un nuovo ed esaltante scopo alla sua vita e buttandovisi, come suo solito, a capofitto. “Fu in seguito a quest’orribile disgrazia che Patrizio decise di studiare da allora in poi una maniera per prevedere gli avvenimenti. Pensava infatti che se una cosa del genere si fosse potuta pronosticare, si sarebbero potute prendere precauzioni ed il suo anziano padre non sarebbe morto…[egli] intendeva inventare quanto prima un sistema di tipo scientifico (congegnato alla perfezione e di conseguenza infallibile) tramite il quale fosse possibile conoscere gli eventi non accaduti”

E Patrizio avvalora il suo progetto riportando alla sua ragazza, a cui lo sta spiegando in modo serissimo, ma con argomentazioni a dir poco “fantasiose”, le fonti che lo hanno ispirato: “<<La cosa è semplicissima,>> disse con aria da conferenziere <<…E’ così per tutti gli eventi che si verificano,>> esclamò, << l’ho letto su queste Dispense di filosofia>>. Dicendo ciò si tolse fuori dalla giacca uno scolorito opuscolo scritto a mano e ne cominciò a sfogliare le lunghe pagine. <<Tutto è prevedibile e calcolabile>> lesse. <<Solamente la fine del mondo non si può prevedere, perché avviene senza cause ed all’improvviso>>.

Patrizio dedicherà due anni a mettere a punto “Il suo complesso sistema di previsioni” lavorandoci a tempo pieno tanto che in quegli anni “…non si incontrò con la fidanzata che per circa venti minuti ogni due o tre giorni”. Materialmente il tutto “…quando finalmente fosse stato concluso, avrebbe dovuto avere l’aspetto di un manuale da consultare a piacimento ogni qual volta se ne fosse verificato il bisogno.Si sarebbe trattato di un enorme libro contenete 7.600 disegni , mezzo milione di tabelle ed informazioni riguardanti lo scibile, sufficienti a calcolare con rapidità il futuro preciso di chicchessia”.

E alla fine di un’immane e mostruosa fatica Patrizio “…si era letto 2.018 libri, aveva fatto 61.000 calcoli, disegnato un migliaio di diagrammi, bevuto 931 mente e compilato centinaia di grandi tavole”. Il che aveva dato vita a quello che Patrizio chiamò “il Sussidiario delle previsioni…un’opera in due volumi, in unico esemplare dalle dimensioni fuori dai canoni,..Adoperare questo manuale era una delle operazioni più complesse al mondo. Ciascuno degli elementi presi in considerazione…corrispondeva ad un indice numerico che si doveva moltiplicare con altri indici. Questa complessa operazione faceva sì che dopo un po’ si potessero determinare i fatti futuri. Alla fine del secondo dei due volumi (in un’appendice gigantesca che constava all’incirca di 600 pagine ) c’erano delle <<tavole di conversione>> che traducevano gli indici in avvenimenti”. Insomma il raggiungimento di una precisione assoluta che ridava fiato e dignità alla razionalità dei numeri e alla potenza infallibile del saper far di conto. Finalmente il caso, l’imprevisto e l’imprevedibile potevano essere messi sotto controllo.

Naturalmente “Patrizio volle subito verificare se il suo volume funzionasse davvero come si auspicava” e così trova, mediante un’apposita inserzione, un cavia e la convoca nella sua camera presso la signora Àrmadi. “Chi gli si presentò di fronte poco dopo fu un individuo mastodontico che sembrava provenire dal sud dell’ Africa”. Quest’uomo, che fu l’unico a rispondere all’ inserzione, corrispondeva al nome di Geff Regher e Patrizio, da costui, previa stesura di apposito contratto, si farà praticamente raccontare tutto della sua vita. “<<Quindi le devo raccontare tutti i fatti miei,>> si lamentò il negro. <<Dirle tutto quello che mi è successo e che ho fatto da quando sono nato>>. <<Precisamente,>> fece Patrizio”. Nell’affermazione che fa Geff Regher è contenuta, come si può notare, una ripresa del titolo del romanzo, che però è anche una riproposizione di quello che stiamo leggendo in relazione a Patrizio. Una sorta quindi di autocitazione e, al tempo stesso, una reiterazione narrativa: il negro racconta la sua vita a Patrizio di cui ci viene, a sua volta, raccontata la sua vita per il tramite del romanzo.

Le “confessioni” di Regher vanno avanti per 6 mesi finché Patrizio decide di testare il “sistema”: “…Patrizio decise che era finalmente giunto il momento di stabilire la data del <<giorno X>>. Durante tutto questo periodo aveva visto il volontario ogni giorno dalle 9 alle 17”. In realtà il volontario non era stato poi così tanto volontario essendo stato il negro ben lungi dall’essersi prestato in modo disinteressato. La sua disponibilità non era stata infatti per Patrizio a costo zero: “Nel corso di questa lunga preparazione, il giovane Rhuggi consumò quasi totalmente l’eredità ricevuta dal vecchio babbo. Ogni due giorni (dato che il contratto lo prevedeva ed il volontario era esigentissimo) doveva consegnare all’individuo qualche dispendioso buono-minestra, un carnet di biglietti per la circolare, dei buoni-vino, un abbonamento per il parrucchiere o qualche altro compenso di tipo simile. In certi casi, in seguito alle richieste che lo sconosciuto gli faceva con insistenza sempre maggiore, acquistava per lui delle mutande, qualche pigiama, calze, delle scarpe verniciate o impermeabili di genere <<monouso>>. Erano tutti articoli costosi che assottigliavano la somma di cui disponeva.”

Ma ormai Patrizio intravede la fine di tutto ciò, convoca il negro e gli comunica quanto segue: “<<Egregio signor Regher,…Oggi, come forse lei non sa ancora, ho terminato di calcolare gli indici numerici grazie ai quali sarò in grado di prevedere scientificamente ciò che le succederà nel futuro prossimo>>”. Patrizio stabilisce infatti un giorno e l’ora in cui il negro si sarebbe dovuto presentare presso di lui avendo preventivamente stabilito tutto quello che egli avrebbe fatto da quando si fosse svegliato fino a quando sarebbe arrivato da Patrizio, in una sequenza calcolata minuziosamente in termini di minuti e secondi, composta da 14 azioni che vanno da “<< a) Si alzerà alle 7 e 50. In realtà quel giorno potrebbe essere lievemente indisposto, avere più sonno di quanto solito o semplicemente non sentire la sveglia. Secondo i miei molti calcoli, però, ciò non succederà e si alzerà a quell’ora come di consueto.>>” fino a “<< p)…alle 9.50 precise lei sarà qui >>. Prevedendo anche ora, minuti e secondi in cui Regher farà la cacca: “<< f)…farà la cacca 22 minuti e mezzo dopo le otto>>”

La mattina del giorno fatidico Patrizio “Era sicuro che le sue previsioni si sarebbero avverate al cento per cento”. Purtroppo per lui però alle 9.50 non c’era traccia di Regher, “…alle undici e dieci…si sentì lo squillo di un telefono…<<C’è qualcuno al telefono che la desidera,>>” gli annunciò la signora Àrmadi, era Regher. “<<Sono il suo volontario Geffano Regher,>> sentì gridare. <<Sono all’ospedale; sono stato investito da una macchina mentre stavo attraversando col verde>>. <<Col verde?>> sussurro Rhuggi. <<Com’è potuto succedere?>>. <<Ha capito bene col verde. Mi sono fratturato tutte e due le gambe, ne avrò per tre mesi. Le sue statistiche erano sbagliate…Non è successo nulla di quello che mi aveva detto; e anche l’incidente non era contemplato…sa una cosa? Dovrebbe cambiare mestiere,>> gli consigliò. <<Fare l’inventore di barzellette>>

L’irrazionale e il caos, l’imprevisto e l’imprevedibile ancora una volta, quindi, l’avevano avuta vinta. Se fino a quel punto della sua vita le precedenti situazioni in cui Patrizio si era sperimentato erano come rimaste in sospeso, erano state cioè delle “incompiute” senza verifica, qui, per la prima volta, egli sperimenta l’insuccesso pieno, il fallimento. Un fallimento per Patrizio inspiegabile e senza consolazioni, a parte quelle della fedele e premurosa Antonetta, la sua fidanzata che, instillando a Patrizio il sano seme del dubbio, gli dirà: “<<Senza saperlo, potresti far parte della categoria dei “compilatori di statistiche errate”>>”. Ma invano: “A queste parole Patrizio scosse la testa con energia”

Patrizio “Dopo il fallimento delle sue previsioni trascorse un periodo di cinque anni in cui non pensò quasi mai al suo “Sussidiario”. Ma cinque anni più tardi indefesso ci riprova. Viene a conoscenza di un fantomatico “Istituto Tecnico” che finanzia coloro che fanno delle scoperte e decide di presentare alla relativa “commissione-esperti” il suo “Sussidiario” che consegna alla commissione insieme ad una cassetta registrata in cui ne spiega il funzionamento. Ma i membri della commissione ascoltarono “…il discorso registrato in preda da uno sbalordimento sempre maggiore, non riuscendo a comprendere una virgola ed inghiottendo saliva continuamente” e quattro giorni dopo gli comunicarono il loro rifiuto perché avevano “…trovato nel suo “Sussidiario” una decina di errori di ortografia, e che per questo non potevano dare contributi che avrebbero rischiato di rovinargli la reputazione”.

Patrizio si ritroverà di nuovo alla mercé di se stesso e degli eventi, in balia di un altro momento infausto della sua vita, anzi per lui “…iniziò un periodo sfortunato che fu senz’altro il peggiore della sua esistenza”. Privo di idee e di scopi Patrizio, prostrato e impoverito, si aggira in modo inconcludente per la città, intento a far nulla: “L’unica persona che non faceva nulla e che non sembrava avere obiettivi era il disoccupato Patrizio Rhuggi”. Finché un giorno, proprio mentre è “in giro”, Patrizio ascolta, come sempre per puro caso, “una conversazione tra due donne che determinò un cambiamento nella sua vita.” Da quel racconto Patrizio arrivò finalmente a capire che il caso, gli imprevisti e l’imprevedibile giocano un ruolo fondamentale nell’ esistenza, anzi giunse alla conclusione che “<<…tutto è dovuto al caso>> [e quindi] <<Non si possono fare previsioni >>”. Ne convenne perciò che predire il futuro delle persone, come egli aveva tentato di fare fino ad allora, era stata una pia illusione: “Da quando ero nato, pensò…le poche energie di cui disponevo erano state usate esclusivamente per prevedere il futuro delle persone [mentre] moltissime cose potevano anche essere provocate da pure inezie”. Quindi invece di ostinarsi a eliminare il caso dalla vita delle persone, attraverso calcoli, catalogazioni, “pesature” e misurazioni perché non fare il contrario pensò Patrizio, e cioè introdurre il caso nella vita delle persone, “deviando” il corso della loro esistenza.

…Patrizio decise di spendere le proprie energie per intervenire nella vita dei suoi simili e vedere in questo modo <<cosa succedeva>>…cominciò ad elaborare un piano d’azione che denominò <<Molecola nel bicchiere>>…Secondo questa filosofia, l’esistenza di ciascuno era composta da miriadi di molecole costituite dai fatti che succedevano, dalle persone che si frequentavano, dagli oggetti e dai soldi di cui si era in possesso ed anche dai pensieri che venivano in mente. Bastava introdurre una molecola estranea nella vita di un individuo qualsiasi (sotto forma di un fatto o di un oggetto concreto) per modificare il suo futuro in misura per nulla pronosticabile”.

Da quel momento Patrizio inizia ad andarsene in giro per la città con quelle sue “molecole” al fine di “innestarle” nelle persone che incontrava per produrre nelle loro vite cambiamenti imprevisti: “La mattina…si metteva in tasca un paio di cucchiai, alcuni spiccioli sudati, una foto, tre o quattro fette di pane duro, foglietti, dadi ed un’altra quantità di <<molecole>> di questo tipo. La sua intenzione era regalarli a qualche persona che passava per strada e provocare in tal modo un improvviso cambiamento nella sua esistenza”. Così, per esempio, accadeva che “Si avvicinava ad una passante, tirava fuori dai pantaloni un cavatappi corroso di due centimetri e lo consegnava all’uomo scomparendo subito. Questo qui si trovava all’improvviso in mano quell’oggetto e non sapeva neppure a chi doveva dire <<grazie>>”

Ma, come ovvio, Patrizio non era in grado di stabilire l’effetto che l’introduzione della sua <<molecola>> produceva nelle persone: “…quella maniera di procedere non gli poteva permettere di verificare niente”. In quel modo infatti Patrizio non avrebbe potuto sapere se c’erano stati dei cambiamenti nelle vite di quelle persone e se si di che tipo, e se in meglio o in peggio.

Nell’intento di dare una risposta a queste domande Patrizio organizza un apposito esperimento basato sulla svendita di uno stock di cappotti usati e sul “richiamo”, dopo un certo tempo, degli acquirenti di quei cappotti. Ebbene, interrogati gli acquirenti che si presentarono al “richiamo” potè stabilire ed affermare che “Per quasi tutti gli individui si era trattato di un acquisto che aveva modificato in meglio la loro vita”. E quindi l’introduzione di quella <<molecola>>, consistente in quei cappotti usati, un cambiamento l’aveva prodotto e, oltretutto, positivo. Forte di quelle risultanze, “Otto mesi dopo aver iniziato il programma cominciò a redigere un trattato concernente i risultati da lui ottenuti”. Ed è in quel frangente che Patrizio ricevette una sera una visita, ovviamente inattesa e imprevista, che darà una svolta memorabile alla sua vita e “al suo progetto Molecole nel bicchiere”, preludio dell’ avverarsi di quel passare dalla stalle alle stelle che lo attende.

La persona che si presenta a Patrizio era a lui del tutto sconosciuta, ma Patrizio, a sua volta, era da costui conosciutissimo: “<<Seguo tutto quello che fa da perlomeno diciannove anni,>> gli disse l’uomo. <<Conosco sia il Sussidiario delle previsioni che il programma “Molecola nel bicchiere”. E secondo me>> esclamò <<lei è la persona che stiamo cercando>>. Quell’individuo dai modi misteriosi in effetti non era uno qualsiasi, era “…un agente internazionale in missione…l’ Agente Internazionale Per La Sicurezza Politica Evandro Atos”, il quale era stato incaricato di contattare Patrizio nientemeno che “…per cercare di evitare un conflitto mondiale che [aveva] 79,9 probabilità su cento di verificarsi”.

Ebbene, neanche a dirsi, Patrizio, accettato l’incarico, riuscì nello scopo. Studiato il caso fu in grado di trovare la molecola giusta da inserire nella vita di un famoso uomo politico, il dittatore Anselmo Fucy, il quale era intenzionato ad invadere un paese vicino con conseguente esplosione di un conflitto mondiale. “La molecola che Patrizio preparò era una carta d’identità risalente ad almeno venti anni prima, appartenuta ad un operaio di cui quell’uomo politico non sapeva nulla. Il giovane Rhuggi l’aveva trovata per caso vicino a un bidone di ferro della spazzatura…Secondo i calcoli complicati ai quali si era dedicato per moltissimi giorni, la <<molecola>> avrebbe cambiato la vita del signor Fucy, l’avrebbe fatto desistere dai suoi propositi ed avrebbe evitato lo scoppio di un’orrenda guerra”. E, in effetti, dopo kafkiane, nonché “spisciose”, vicende, che stravolsero la vita di Anselmo Fucy questi si vide per davvero la sua vita cambiata, in quanto “fu imprigionato…ed il pericolo di un conflitto sparì dalla faccia del continente”.

Sebbene, naturalmente, fosse tutto avvenuto in modo fortuito e per effetto di una serie di circostanze così imprevedibili da rasentare l’inattendibile, il “risultato” ottenuto da Patrizio sembrava poter far fare al suo metodo un enorme salto di qualità perché voleva dire che non solo l’introduzione della <<molecola>> poteva indurre un cambiamento, ma il cambiamento poteva essere preventivamente direzionato scegliendo la <<molecola>> giusta da inserire in relazione a ciascun caso da affrontare. In tal modo si poteva, ancora una volta, conoscere il futuro delle persone però non più prevedendolo, ma determinandolo espressamente, con le apposite <<molecole>>.

La notizia dell’arresto del dittatore diventa di dominio pubblico e, con essa, quella del ruolo di Patrizio nella vicenda e quella del suo metodo. Per il felice esito della sua missione Patrizio riceve un compenso astronomico che lo fa diventare, dopo i lunghi anni di penuria patiti, improvvisamente ricchissimo, cambiando prima di tutto a lui e poi alla sua fidanzata la loro vita: “Tre settimane più tardi Rhuggi abitava in un enorme appartamento arredato con armadi di mogano, possedeva una spider lucidissima e si nutriva di cibi sofisticati. La sua fidanzata, che aveva potuto finalmente abbandonare il suo impiego…passava la giornata assieme a lui…L’improvvisa ricchezza di Patrizio rendeva entrambi esterrefatti e faceva intavolare loro lunghe discussioni”.

Risolto un ulteriore caso internazionale la notorietà di Patrizio diventa vastissima e riceve “chiamate” a destra e a sinistra per la fornitura di “molecole adatte” con cui risolvere i casi più vari. “Nel giro di poche settimane Patrizio Rhuggi diventò talmente noto che dappertutto si iniziarono a fare congetture sul suo complesso <<sistema molecolare>>….[E] dopo essersi sposato con Antonetta…Patrizio decise di aprire uno studio di consulenza specialistico in casi senza soluzione…Nei primi due mesi di attività il centro di consulenza ricevette all’incirca settecento visite.”

Patrizio è ormai diventato sempre più smaliziato nella individuazione e scelta delle molecole da assegnare ai diversi casi che gli vengono sottoposti e ne trovava ogniqualvolta una che va bene alla fattispecie in oggetto, con un tornaconto per lui che raggiunge vette inimmaginabili: “In genere i clienti pagavano subito il servizio con assegni firmati davanti e dietro, grosse cambiali, con un mazzetto di banconote o con qualche carta di credito di uno stato estero. Il denaro che affluiva continuamente in ufficio (e che veniva riscosso da Antonetta Rhuggi) raggiungeva tali quantità da non poter essere neppure versato in normali banche.”

Le imprese e la fama di Patrizio Rhuggi non facevano che accrescersi, “In poco meno di due anni l’agenzia di proprietà di <<Rhuggi e Consorte>> sventò un grave siccità, alcune guerre, provocò un afflusso di diamanti nelle casse del Ministero Economico ed evitò un infarto al vice Presidente.” La sua popolarità era diventata tale che viene “scritturato” da un impresario che gli organizza “…una serie di talk show che si sarebbero dovuti svolgere nelle grandi città, uno per settimana, in enormi piazze del centro storico e davanti a migliaia di spettatori in piedi”.

In effetti il suo successo aveva ormai raggiunto proporzioni stellari: “Nelle piazze trovava folle di individui che avevano fatto centinaia di chilometri solamente per assistere ai suoi spettacoli.” E ciò che suscitava una così grande ammirazione era proprio quella“…sua capacità di modificare a piacimento il futuro” che trasmetteva una cieca fiducia ed un incontenibile senso di onnipotenza. Ma è proprio qui, quando Patrizio Rhuggi è giunto al vertice di questa sua apoteosi, che il caso, l’imprevisto e l’imprevedibile si fanno ancora una volta beffe di lui e lo gettano letteralmente giù dalle stelle: “Nell’agosto successivo al suo cinquantaduesimo compleanno si verificò un’orribile disgrazia che determinò la fine della sua carriera.”

Una molecola di Patrizio rivelatasi “sbagliata” aveva infatti causato un gravissimo incidente ferroviario con numerosi morti. La molecola inserita nella vita del macchinista del treno per un determinato fine ne aveva in realtà prodotto un altro non previsto che aveva causato la tragedia: “La molecola (che doveva far si che lo stipendio dell’uomo fosse raddoppiato) consisteva in un enorme paio di pantaloni di un tessuto lucido e costosissimo. Ma è stato proprio a causa di quest’indumento che si è verificata la disgrazia: il macchinista si è distratto, ha osservato per ore la stoffa lucida senza fare attenzione ai binari e quando si è trattato di rallentare (poco prima di arrivare ad una brutta curva) era talmente fuori di sé che si è dimenticato del tutto che esistesse il freno.” L’inganno che le molecole di Patrizio potessero unilateralmente direzionare gli eventi senza che si intromettesse una variabile interveniente, cioè, detto in soldoni, un imprevisto, capace di disturbare e quindi modificare l’effetto della molecola, era sbucato fuori. Ne conseguiva che sostituirsi al caso introducendolo surrettiziamente attraverso le molecole non era praticabile. Perciò determinare il futuro prevedendolo oppure inducendolo si rivelava, alla prova dei fatti, impossibile perché la potenza e la cecità del caso restavano ineliminabili. Insomma tutti i tentativi fatti da Patrizio erano falliti.

Nonostante l’aria che tira non sia più la stessa Patrizio non si sottrae però dal partecipare, dopo l’incidente occorso, ad un altro talk show e sebbene anche questa volta vi sia il solito bagno di folla le intenzioni del pubblico non saranno più quelle di osannare Patrizio, bensì si riveleranno ben diverse. Non appena ebbe detto la consueta frase introduttiva “…che pronunciava ad ogni talk show come prefazione…un’enorme pietra di due chili lo raggiunse sulla fronte e lo buttò per terra. L’individuo che l’aveva tirata …ricevette subito dalla folla un inaspettato applauso di congratulazioni.” Patrizio entra in coma, ma non in un normale coma, ma in un coma “…enormemente più grave dei normali coma”, tale da richiedere un nuovo termine per definirlo che il “…dottor Armando Avendo, che…lo prese immediatamente sotto le sue cure”, conierà e cioè “<<Coma>> (con la C maiuscola).”

Nel frattempo, nei confronti di Patrizio, si scatena una canea. “Il 96 per cento dei giornali sosteneva che l’ uomo che aveva tirato il sasso a Patrizio aveva agito per il bene dell’ intero mondo. In molti articoli Patrizio venne definito <<delinquente>>, <<assassino di bambini>>, <<deragliatore di treni>>… Tutto ciò che Rhuggi aveva fatto per risolvere i problemi degli altri… era stato dimenticato totalmente da quella che veniva definita <<l’ opinione pubblica>>… finché non si stancarono di perseguitarlo e cominciarono a dimenticarsi anche che fosse nato”.

Patrizio intanto continua a vegetare permanentemente nel suo <<Coma>>. E, in base alle dichiarazioni del portinaio della clinica, la sua situazione era da considerare senza speranze. Tanto che nell’ “… ultimissimo trafiletto riguardante la persona di Patrizio Rhuggi” uscito sui giornali egli veniva definito “Un paziente pietra”, perché, data la sua assoluta immobilità, egli, ormai, a detta del portinaio, faceva “…parte in tutto e per tutto del regno minerale”.

Ma “Una decina di giorni dopo l’ apparizione di questo lugubre articolo”, il dottor Avendo convoca Antonetta e, smentendo clamorosamente il portinaio, le comunica che “…<<esiste la possibilità che suo marito Patrizio Rhuggi guarisca dal tremendo morbo che lo ha colpito>>”. Tale possibilità consisteva in un farmaco denominato “Medicina LXIV”, che poteva guarire Patrizio ma “…con una probabilità di successo del 50 per cento”. In pratica spiegò Avendo ad Antonetta “Se si inietta [qesta medicina] nel corpo di un paziente in gravissimo stato di “Coma” (come suo marito), questi, entro non più di nove secondi, o guarisce completamente o muore sul colpo” e ciò, proseguì Avendo, “…senza che si possa spiegare perché ciò accada. L’esito dell’intervento infatti>> urlò <<è determinato solo dal caso, non c’è nient’altro che interferisca>>”. A queste parole “…la faccia della Rhuggi…stava assumendo le stesse caratteristiche dell’ <<espressione macigno>> del suo consorte…<<Beh, ma è assurdo,>> gridò Antonetta. <<Che razza di medicina è, che non si può neanche sapere che effetto farà? Dove l’ha trovata?>>. <<Ha proprio ragione,>> mormorò Avendo. <<Ma non è, forse, assurda anche la vita?>> chiese diventando improvvisamente pallido.”

A Patrizio il giorno dopo fu somministrata la “Medicina LXIV” e qui, così, la storia della sua vita si interrompe, perché se essa, cioè la sua vita, sia proseguita o se essa si sia interrotta per sempre non lo sapremo mai. Però se lo si vuole sapere, ci dice l’Autore, una maniera c’è, “Ecco come si deve agire: si prende una moneta…la si lancia in aria…la si lascia cadere sul pavimento…se viene testa, Rhuggi è guarito; mentre se viene croce è morto sul colpo”.

Alla fine di tutto ciò che dire. Siamo di fronte a un libro debordante, instancabilmente creativo, lucidamente folle. Non vi è pagina, non vi è rigo, in cui Maurizio Salabelle non si sia inventato qualcosa. La miriade di descrizioni, di episodi, di situazioni narrate da Salabelle nelle quali la realtà è inventata e reinventata continuamente nelle forme del surreale e dell’inverosimile, del demenziale e dell’ipercomico, del grottesco e dell’esilarante, sono incalcolabili e assai più di quelle riportate in questo commento. La ricchezza assoluta di questo libro è inesauribile, pieno come esso è di trovate assurde e al tempo stesso geniali che non si finiscono mai di scoprire anche rileggendolo più volte. E anche il modo in sé di costruire il fraseggio narrativo è impareggiabile: con i suoi intercalare, con il tono apparentemente dimesso eppure sempre incalzante, con il modo abile di muoversi nel ricreare situazioni “basse” e quotidiane. Un libro che dimostra ancora una volta quanto la perdita di Maurizio Salabelle sia stata per la letteratura italiana, e non solo, una perdita inestimabile.

C’è tanta letteratura in “Da quando sono nato”, da Kafka a Collodi, ma anche il primo Celati, quello de “Le avventure di Guizzardi” , tutti tenuti insieme in modo magico cioè non dandolo a vedere ma rinnovando quegli autori in una forma nuova. E dietro a queste narrazioni rocambolesche, a queste costruzioni improbabili, a questo apparente non senso permanente ci sono in realtà temi e contenuti studiatissimi che danno la misura dello spessore e delle “consapevolezze” di Maurizio Salabelle, che egli affronta con apparente leggerezza, facendo assumere alla “storia” un suo carattere epico, ma di un’epica non gloriosa ed altisonante essendo un’epica al contrario dato che ha come suo esito il fallimento. E se la vita, quella di Patrizio Rhuggi, così come la nostra è così piena di insensatezza tanto che non si può essere sicuri di nulla a questo mondo” alla fine l’unica è spurgare le tossine dell’insensatezza con il riso come ha fatto Maurizio Salabelle in questo come negli altri suoi libri.

4 risposte a "“Da quando sono nato” – Maurizio Salabelle – Seconda parte"

  1. Avatar di Chand Chand 1 aprile 2024 / 8:39

    articolo ineccepibile e straordinario: leggere, a sorpresa, una nuova opera di Salabelle è stato come un dono improvviso, quella fortuna che a volta tocca i lettori e li ricompensa.

    chissà se quella moneta è ancora in aria …

    buona giornata

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    • Avatar di ilcollezionistadiletture ilcollezionistadiletture 1 aprile 2024 / 15:53

      Grazie per gli apprezzamenti. Si questo nuovo libro di Maurizio Salabelle è stato una sorpresa inaspettata anche per me. E le attese suscitate dalla sorpresa sono state ampiamente ricambiate

      …. quella moneta la possiamo lasciare sicuramente ancora in aria.

      Un saluto

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