“I superflui” ruota fondamentalmente intorno a un tema, il tema della mancanza. Che non è solo una mancanza di tipo materiale, che pure è fortemente presente e condiziona pesantemente le vite dei protagonisti, ma è, soprattutto, una mancanza di possibilità. Come se le risorse, sia quelle interne: del loro bagaglio personale ed esistenziale, sia quelle esterne provenienti dalla società, dal mondo, dagli altri, non fossero loro date, lasciandoli quindi, come detto, privi di possibilità. In altre parole come se i protagonisti del romanzo fossero costituzionalmente in una loro condizione di debolezza sia soggettiva che rispetto alle opportunità, che ne fa degli esclusi, degli emarginati, per l’ appunto dei “superflui”. Persone cioè la cui esistenza è segnata dall’ irrilevanza, dalla marginalità e i cui tentativi di uscire da quella loro condizione risultano inutili, perché quella loro condizione gli ritorna addosso, li accompagna sempre, ne segna la vita e il destino.
“I superflui”
“I superflui” – Dante Arfelli – Prima parte
“… questa era la città…era un essere immenso che lo premeva da tutti i lati, lo spingeva, gli gridava di muoversi, con la voce irosa di un facchino, con il clacson di un’automobile, con lo scampanellio di un tram. In cento modi gridava, in cento modi lo incalzava. Era la città che lui stesso si era scelta. Ma proprio lui se l’era scelta? Pensandoci bene, no. Anche qui era stata una serie di minimi avvenimenti, oggi uno domani un altro, poi un altro ancora che lentamente l’avevano staccato e portato via dal paese. Si accorse per la prima volta che sono le cose piccole quelle che contano, non le grandi. Le grandi sono il risultato di migliaia e migliaia di minuzie che ora per ora, giorno per giorno, lavorano tenaci, accanite e preparano il colpo finale.”