Paul Celan – ““Microliti” Aforismi, abbozzi narrativi e frammenti di poetica” – Traduzione, Premessa e Note di Dario Borso – Mondadori. Collezione Lo Specchio – 2020
“…<<Microliti sono, pietruzze appena percepibili, lapilli minuscoli nel tufo denso della tua esistenza – e ora tenti, povero di parole e forse già irrevocabilmente condannato al silenzio, di raccoglierli a cristalli?>>. Così scriveva a se stesso Paul Celan nel 1956.
Nonostante l’irrevocabilità della condanna al silenzio, egli avrebbe continuato però a raccogliere ostinatamente i suoi microliti fino all’anno di morte 1970. Pubblicarli postumi significa quindi ricomporre, per quanto irregolare e accidentato, il mosaico di un’intera vita.
I curatori tedeschi di “<<Mikrolithen sinds, Steinchen>>. Die Prosa aus dem Nachlaß”, Barbara Wiedemann e Bertrand Badiou, hanno raccolto tutti gli scritti in prosa inediti di Celan ( a esclusione dei diari), suddividendoli in tre sezioni: “Aphorismen, fiktionale Prosa, theoritesche Prosa”. Hanno inserito poi, in appendice alla terza, testi attinenti all’ “affaire” Goll che erano rimasti esclusi dal dossier della Wiedemann, e aggiunto infine una quarta sezione, di scritti sparsi e di interviste. Ovviamente così, per amor di completezza, si è un po’ offuscato l’aspetto microlitico del tutto.
Per l’edizione italiana (che – uscita nel 2010 per l’editore Zandonai – è stata la prima traduzione mondiale) si è proceduto in senso inverso. Da un lato, cioè, l’appendice alla terza sezione avrebbe avuto poco senso dal momento che il grosso del materiale sull’ “affaire” Goll non è disponibile in italiano; dall’ altro, più testi della quarta sezione sono invece disponibili, e non necessitano dunque di una riedizione. Sicché a risultare tradotte qui sono fondamentalmente le prime tre sezioni.
Inoltre: l’edizione tedesca riporta assolutamente tutto, compresi frammenti di microliti (avvii di frasi lasciate lì, parole isolate ecc.) e le varianti anche minime dello stesso microlito – in una parola, elementi tanto essenziali per lo studioso quanto superflui per il lettore medio. E siccome lo studioso lavorerà gioco forza sull’originale, si sono qui sfrondate le tre sezioni di tali residui.
Infine: la suddivisione in sezioni, non certo arbitraria, risultava però in più casi opinabile. Per esempio, parecchi microliti psicologici hanno la consistenza formale di veri e propri aforismi; viceversa alcuni aforismi, provvisti di titolo, hanno la consistenza di apologhi, inseribili quindi tra i microliti di “fiktionale Prosa”. Fondere le sezioni ordinando i materiali in mera sequenza cronologica ha significato ovviare al problema, ma soprattutto offrire al lettore il senso vivo di una progressione, di un’ ostinata ricerca, forse di un fallimento. O almeno così si spera”
( Da la “Premessa” di Dario Borso – pp. IX e X)
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1947
[3] Cos’è una tristezza?
Un foglio bianco tra altri colorati.
[14] Chi cavalca un tigre, non può più scendere.
1948
[3] Nulla è più nero dell’alba luminosa del ricordo.
[11] Una ventata improvvisa strappò via il volto e scoprì il velo.
[13] Mentre lui piazzava la poesia sotto la lente di ingrandimento dell’intelletto, io la osservai dall’altro lato col telescopio della fantasia. E vidi di più.
1949
[15] Duellarono.
E mentre duellavano, la sabbia del deserto dov’erano si accumulava al bordo dei loro piedi, lentamente, granello dopo granello, e si arrampicava su per loro, granello dopo granello la sabbia si arrampicava su per loro. Duellarono oltre. La sabbia rivestì i loro piedi, i loro stinchi, le loro ginocchia, le loro cosce. Non si fermarono. La sabbia però, la sabbia del deserto proseguiva la sua opera. Già copriva le loro anche, i loro petti, già formava una camicia sulle loro spalle.
E una seconda, terza e millesima camicia…
E iniziò da capo: scarpa di sabbia., calza di sabbia, camicia di sabbia
. .
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Solo le loro lame rimasero lucide e si facevano talmente male che ai padrini si arrestarono i cuori.
1950
[4] Quando in terra ammutolì il pregare, Dio si svegliò di soprassalto.
1951
[3] Gli amici: m’inviarono un telegramma d’auguri per il mio imminente anniversario di morte.
1954
[10] L’andare insieme delle parole nella poesia: non solo un andare insieme, anche un andare contro. Anche un andare verso e un andare via. Incontro. Contrasto e congedo in uno.
[15] Ogni parola, anche la più apparentemente piccola, cerca nuovi nessi, vuole giungere alla lingua.
[16] I poeti gli ultimi custodi delle solitudini.
[22] Non conosco l’esperimento – gli esperimenti in poesia significano ben poco. C’è un attimo, forse un po’ più lungo, un preludio, dove fiasco e successo non sono separati, un breve aut aut.
1957
[5]Le poesie sono formazioni porose: la vita scorre e filtra qui dentro e fuori, imprevedibilmente bizzarra, riconoscibile e in incognito.
1959
[6] La poesia è in quanto poesia oscura, e oscura perché è poesia……la poesia vuol essere compresa, vuole proprio perché è oscura essere compresa: come poesia, come “buio poetico”. Ogni poesia reclama dunque comprensione, voler comprendere, imparare a comprendere.
[20] Scrivere poesie: un iniziare senza illusioni.
[35] Non c’è parola che, pronunciata, non rechi seco il senso trasmesso; nella poesia le parole credono di essere intrasmissibili.
[50] L’oscurità della poesia = l’oscurità della morte. Gli uomini = i mortali. Per questo la poesia, in quanto memore della morte, appartiene a ciò che che vi è di più umano nell’uomo.
1960
[10] Ci sono occhi che vanno al fondo delle cose. Essi scorgono un fondamento. E ce ne sono altri che sprofondano nelle cose. Questi non scorgono fondamenti. Ma vedono più profondo.
[11] Soltanto l’incompreso comprende gli altri.
[17] Gli enigmi non si sciolgono, si sciogliessero, non sarebbero tali.
1961
[32] Chiedono perché in così tanti si lasciarono assassinare senza opporre resistenza. Non chiedono perché ci furono così tanti assassini e spettatori “distaccati”. Per quanti lo sguardo di chi stava intorno deve essere stato più tremendo della mano che colpì.
1962
[26] Smitizzare non significa: scacciare miti con contromiti.
[35] La sovracompensazione: si tace delle cose di cui andrebbe parlato, e si discorre di quanto andrebbe taciuto. E così discorriamo e taciamo ognuno per conto proprio.
1965
[4] Gli illuministi che tutto – più esattamente quanto è designato da loro come “tutto” – chiariscono intorno a sé, per poter tanto meglio restare al buio.
1966
[7] Colpevole non è Eichmann, ma l’eichmannismo e in più la posterità curiosa, curiosa di provare.
[8] Rappresentatività, di che genere poi, non posso arrogarmene; sono ebreo e sono un autore di lingua tedesca. Ma esperienza e, da lungi, destino guidano qui, insieme a bisogno di responsabilità e a solidarietà, la penna.
1967
[5] Io poi scrivo non per i morti, ma per i vivi – certo, per quanti sanno che ci sono anche i morti.
1969
[4] Dell’irriconoscibilità delle mie poesie mi ringrazio molto.
[9] Chi entra nel dettaglio, aiuta le cose a ottenere il loro diritto.
[11] Le nostre debolezze: le nostre forze.
[12] La realtà da tempo non è più marxdipendente.
[17] Le poesie non cambiano certo il mondo, ma cambiano l’essere-nel-mondo.
Beh il combinato disposto dei “Microliti” è a dir poco sconvolgente nel senso che essi mostrano una lucida intuizione?…. Un senso non preordinato ma…? La rotta irrefutabile del Nuovo…? Insomma nemmeno si può enunciare da quanto è Nuovo. Ma È! E non si può prescindere….. Grazie grazie grazie Paul Celan
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Si Celan è stato grande in tutto perché in lui c’erano l’incontro, il contrasto e il congedo insieme…e sicuramente da Celan non si può prescindere.
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